mercoledì 2 febbraio 2011

Gli album fotografici

L’album fotografico proveniente da un passato che dista più o meno 150 anni dai nostri giorni e reperibile sul mercato dell’antiquariato o delle pulci, è una delle maggiori fonti di ricerca per comprendere il significato della fotografia nella società moderna e contemporanea.
Studi e ricerche vengono compiuti sugli album fotografici, con particolare riferimento alla fotografia di famiglia; il filosofo e storico della fotografia Walter Benjamin con molta ironia descriveva l’album fotografico della sua famiglia.

"Era l'epoca in cui gli album fotografici cominciavano a riempirsi. Si trovavano abitualmente nei punti più squallidi delle abitazioni, sulle consolle e sui tavolini dei salotti: rilegature di cuoio con orrendi ornamenti in metallo, i fogli con un bordo d'oro largo un dito, su cui si esibivano personaggi buffamente drappeggiati o inguainati- lo zio Giuseppe e la zia Peppa, la Giuseppina quando era piccola, il papà quando faceva il primo semestre universitario - e finalmente, a compir l'opera, noi in carne ed ossa; travestiti da tirolesi intenti a vociare jodel, ad agitare il cappello verso ghiacciai dipinti, oppure vestiti alla marinara, la gamba destra rigida, l'altra rilassata e incrociata alla prima, appoggiati come si deve a una lucente colonnina."[1]

Il brano con cui Walter Benjamin racconta il suo album famigliare, ci introduce in un ambiente assolutamente diverso da quello in cui siamo abituati a vivere.

Album famigliare di origine francese, anni 1860-1870 

L’album di Benjamin evoca persone che vestivano abiti scomodi, pesanti e che rendevano le persone goffe e insicure nei loro movimenti, case arredate con un numero innumerevole di soprammobili (tra cui anche le fotografie, ricordiamo i dagherrotipi di Guido Gozzano in Il salotto di nonna Speranza): è un modo che sembra molto lontano.
L’album fotografico è strettamente connesso con due momenti dell’attività umana: la rappresentazione della famiglia e  il viaggio o la vacanza.
Un maggior tenore di vita della media borghesia e l’ampliarsi del ceto medio, producono più momenti all’interno di una famiglia degni di essere fotografati e situazioni di svago che vogliono essere ricordate per sempre. Da queste due categorie discendono altre sottocategorie, ad esempio una raccolta di immagini riguardanti le piante e i fiori presenti in un giardino oppure oggetti collezionati da un membro della famiglia. Spesso album-catalogo di questo tipo si rivelano fonti straordinarie di informazione scientifica e autocelebrazione sociale.

Una famiglia ritratta nello Studio fotografico di Jean Garneri, Baluardo di Gesso, Cuneo, tra il 1870 e il 1880 e un'altra famiglia sulla spiaggia della costa belga della Manica, all'inizio del Novecento 

Ma gli album non giungono sino a noi nello stato in cui vennero confezionati dai proprietari, spesso alcune fotografie mancano, oppure sono state sostituite da altre per completare l’album e poterlo vendere ad un costo maggiore. A tutto ciò si deve aggiungere che non sempre alle fotografie o ai momenti di vita fissati dalla fotocamera, vennero aggiunte didascalie che rendessero individuabile il personaggio o la situazione e il luogo. Per questo gli album sono anche un grande deposito di volti anonimi, anche se nella maggior parte dei casi è possibile sapere qual è lo studio fotografico in cui venne realizzata la fotografia e la città.
La carte de visite, il modo di fotografare e diffondere la fotografia inventato da Eugene Disderi che rese possibile al nuovo media di ampliarsi sino a giungere in quasi tutti gli angoli della Terra, è una delle fonti più importanti per l’analisi che intendiamo compiere.

Studio Eugene Disderi, anonima signora francese, albumina, 1860-1870. Disderi con l'invenzione della carte de visite divenne ricchissimo, ma morì in estrema povertà. La carte de visite diede a chiunque la possibilità di possedere una propria fotografia e per questo rappresenta un vero e proprio salto culturale nella storia dell'umanità. 

La carte de visite era un cartoncino su quale veniva incollato un ritratto fotografico eseguito a figura intera o in primo piano, sul retro era stampato il marchio dello studio fotografico. In questo modo la fotografia, da esperimento scientifico praticato da appartenenti alle classi colte  o privilegiate, diventava oggetto di scambio per stabilire amicizie, far conoscere futuri mariti e mogli, identificare persone, anticipando in questo modo la moderna carta di identità.




Studio Alessandro Duroni, Milano, anonimo italiano, albumina, anni 1860-1870. Alessandro Duroni fu uno degli iniziatori della fotografia in Italia, oltre allo studio di Milano, ne aprì uno anche a Parigi in Rue Vivienne 12

Dopo un primo momento in cui anche con la carte de visite i fotografi cercarono i ricostruire ambienti classici (la colonna di cui parla ache W. Benjamin) si passò ben presto a forme standardizzate in cui milioni di volti diventavano tutti simili fra loro: tutti fotografabili, tutti uguali. La carte de visite fu uno degli strumenti che favorì la  nascita della società di massa. 









Retro di una carte de visite francese utilizzata per accedere alla visita del Parco di Campo di Marte, dei Giardini e dell'Esposizione agricola di Billancourt 


Album fotografici contengono esclusivamente fotografie di viaggio o delle vacanze; se  si individua il luogo in cui le immagini vennero eseguite, è possibile ricostruire anche la storia di un paesaggio e di coloro che lo abitavano. Vedremo più avanti un album realizzato in Spagna nel 1934 da alcuni turisti francesi, del tutto anonimi,  che mostra campagne e città spagnole alla vigilia della guerra civile.
Singole fotografie recano sul retro dediche dalle quali è possibile comprendere l’universo culturale che accompagnava e motivava il dono di un’immagine ad un’altra persona.
Studio E. Di Chanaz, Torino, la giovane donna invia una sua carte de visite ad una persona lontana, accompagnadola con il messaggio "Eccoti finalmente la mia cara immagine. Addio." 






Distruggere un album fotografico, disperdendo le fotografie nei quattro angoli della Terra, può essere paragonato ad un moderno incendio della Biblioteca di Alessandria.  




[1] W. Benjamin, L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica, Piccola storia della fotografia, pag. 66, Einaudi, Torino, 1966

1 commento:

  1. Salve, ho una antica foto di Garneri che penso potrebbe andare a corredo della sua documentazione fotografica, inoltre mi farebbe piacere avere qualche informazione in più sulla foto della cui sono entrato in possesso casualmente al mercato del Balun qualche settimana fa. Se è interessato mi contatti all'indirizzo di posta elettronica vascodegame@alice.it .
    Grazie per l'attenzione,
    cordiali saluti.
    Rosario Raciti

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