martedì 1 novembre 2011

Stereoscopie

Andare lontano.
I ricercatori e gli studiosi che si sono occupati di storia della tecnica fotografica, indicano nel tipo di stereoscopia che proponiamo per un’analisi più dettagliata, un’origine risalente agli anni cinquanta e sessanta del XIX° secolo.
La stereoscopia è costruita attraverso due esposizioni fotografiche dello stesso luogo, eseguite a brevissima distanza l’una dall’altra e cercando di mantenere l’identica inquadratura. Siamo in Germania e si tratta del viadotto ferroviario di Lemming.
Le due fotografie più o meno identiche, si montavano una accanto all’altra su un cartoncino e venivano inserite in un visore stereoscopico che munito di specchi, dava all’osservatore una visione bioculare e restituiva l’effetto di profondità.
1852, apparecchio stereoscopico, dalla rivista Musée des familles
La stampa è all’albumina e la stereoscopia del viadotto di Lemming, venne prodotta a Parigi dallo studio di H. Guérard, sito nei pressi della Colonnade du Louvre, in Rue de Rivoli 15. H. Guérard fabbricava anche visori stereoscopici.
Viadotto ferroviario di Lemming, Germania, Studio Guérard, Parigi, 1855-1860
Apparentemente si tratta di un paesaggio montuoso, deserto e profondamente modificato dall’opera dell’uomo. E’ assente il protagonista di una rivoluzione che a quel tempo stava cambiando il mondo: il treno. Ma se  poniamo questo cartoncino contro una fonte di luce sufficientemente intensa assistiamo ad una trasformazione.
Viadotto ferroviario di Lemming, Germania, Studio Guerard, Parigi, 1855-1860, visione stereoscopica
Il paesaggio, come possiamo vedere, diventa notturno ed è illuminato dalla Luna: il treno corre verso di noi per trasportare persone e cose da una all’altra parte d’Europa.
Particolare, lato destro

Un foglio di carta velina opportunamente colorato è stato posto dietro l’altro foglio di carta all’albumina, molto sottile e sulla quale è stata stampata l’immagine. Assistiamo in questo modo ad un’operazione luministica e di sapore  metafisico: la riproduzione di un luogo deserto e che ci rimanda la sensazione di attesa per qualcosa che accadrà, se inserita in un visore stereoscopico e osservata in casa propria, può mutarsi in un paesaggio assolutamente fantastico con un treno che corre nella notte fra alte montagne. Le supera e modifica i concetti di tempo, spazio e luogo.
Allo spettatore viene fornita una visione delle montagne rese magiche dalla Luna e attraversate da una macchina che è anch’essa portatrice di luce e quindi di progresso.
Non è solo il tentativo di dare colore ad un paesaggio che la tecnologia fotografica dell’epoca restituiva piatto ed uniforme, ma anche quello di costruire una storia che ci porterò lontano.
La stereoscopia fu uno dei tanti tentativi ideati dall’uomo di viaggiare con la fantasia e questa volta utilizzando la riproduzione meccanica del mondo circostante. La messa in opera dell’artificio che abbiano appena descritto contraddice però la visione che i positivisti ebbero della fotografia: la riproduzione del reale nella maniera più esatta. Non è un caso che la fotografia del viadotto ferroviario sia stata eseguita restituendo, a prima vista, la sensazione di vuoto assoluto.
Il vuoto doveva essere riempito a posteriori da un’altra immagine, fabbricata con l’acquerello. Questa combinazione tra riproduzione meccanica e artificio, andava incontro all’aspirazione degli acquirenti di stereoscopie; non solo i turisti dell’epoca volevano portare a casa il ricordo dei luoghi che avevano visitato, ma aspiravano anche ad immaginarli, nel ricordo, sotto una veste assolutamente diversa dall’esperienza direttamente vissuta. Questo tipo di stereoscopia combinava forme moderne di visione (la fotografia) con quelle più antiche, fatte di lanterne magiche ed ombre proiettate su tende e pareti di stanze opportunamente illuminate. C’è nella fotografia stereoscopica del viadotto ferroviario di Lemming, la sopravvivenza di una forma assai popolare di spettacolo nel XIX° secolo: il diorama. La costruzione cioè di paesaggi assolutamente immaginari in cui la luce, opportunamente diretta,  crea visioni di montagne, laghi, città e  mari in tempesta (famoso resta il diorama del Monte Bianco di Daguerre) che debbono suscitare forti emozioni. Con la stereoscopia si anticipava non solo la cartolina illustrata e il moderno documentario, ma il cinema che avrebbe inventato scenografie in cui verità e finzione si fondevano per raccontare storie e far sognare milioni di spettatori.  

domenica 17 luglio 2011

La fotografia e le vacanze

Miliardi di fotografie sono state e vengono eseguite nel corso delle vacanze.
Andare in vacanza e non fotografare sembra ai più una stranezza: se la vacanza è evasione dalla vita normale, è anche occasione per stare insieme a parenti o amici. E per ricordare questi momenti, il modo migliore è fotografarli.
Album Rosso, ottobre 1904, nei pressi di Tolone

Si cominciò a fotografare le vacanze quando fu possibile andare in vacanza. L’idea di fermarsi un giorno, due, una settimana, di inserire una pausa tra se e il lavoro, si fece strada con l’ampliarsi della classe media e l’aumento di reddito delle famiglie. Avere più soldi a disposizione comportava la possibilità di acquistare beni di utilità non immediata, la macchina fotografica era uno di questi.
E’ un luogo comune ritenere che le fotografie eseguite nel corso delle vacanze siano banali e ripetitive, chi fotografa lo fa per ricordare attimi di vita: una gita in montagna, i bambini al mare, un gruppo di amici in posa davanti a un paesaggio o un monumento, ecc.
Album Rosso, agosto 1903, escursione al Ghiacciaio della Grande Casse

L’improvvisato fotografo prende tra le mani la fotocamera solo in occasione delle vacanze e la lascia  in un cassetto per il resto dell’anno. Il più delle volte non possiede alcuna conoscenza di tecnica fotografica, è sprovvisto di sensibilità artistica ed è contento quando i progressi della tecnologia consentono l’uso di macchine che risolvono da sole problemi di diaframma e tempi di posa. L’avvento del digitale in fotografia ha permesso l’esecuzione di centinaia di scatti nel corso di una giornata: si vedrà in futuro cosa fare di queste immagini,  ma…
Il sottile gioco della fotografia come “buco della serratura”, il ritrovarsi insieme agli altri, vedere cose nuove o ritornare in luoghi che suscitano ricordi, stimola una sensibilità in noi latente.
 Album Rosso, Aiguilles Sommet de Bucherel, agosto 1904

Può accadere che involontariamente si ottengano fotografie che nel taglio e nella composizione, si avvicinino a quelle di chi della fotografia ha fatto il mestiere della sua vita oppure a coloro che scelgono la fotografia per esprimere in modo coerente e continuo la propria sensibilità artistica.
          Album Rosso, La Grande Casse, agosto 1903

Spontaneamente il dilettante vacanziero crea fotografie diverse, e non solo per il valore di ricordo o bellezza formale, ma anche per quello di documento per la ricostruzione di un’epoca e di un certo clima culturale. Fotografie eseguite senza alcun progetto e che raccontano il mondo contadino, il lavoro oppure i riti della morte, sono oggetto oggi di studi approfonditi, di mostre e convegni ad alto livello. E attorno a tutto questo, si muovono interessi enormi legati alla proprietà delle fotografie e ai diritti d’autore, un giro d’affari che riguarda l’editoria, l’industria turistica e quella  culturale.
Le fotografie eseguite nel corso delle vacanze vengono conservate nei modi più diversi, spesso sono contenute in album sfogliati con la curiosità di vedere come si era stati bene solo la passata stagione o quando la gioventù prometteva una vita intera di felicità. Ma le fotografie sono anche una superficie opaca che cela il dolore, l’invidia, i risentimenti, il tradimento.
Quante coppie fotografate sono state felici?
Quanti gruppi di giovani fotografati, hanno visto uno o più componenti lasciare la vita pochi anni dopo quello o quell’altro scatto dell’otturatore?
Quante amicizie si sono spezzate dopo o mentre veniva eseguita una fotografia che ritraeva insieme alcune persone?
Quante antipatie si celano dietro queste fotografie?
Quando due fidanzati si lasciano o una coppia si divide definitivamente, una delle cose che vengono quasi subito sacrificate nel fuoco sono proprio le fotografie, traccia e ombra di ricordi  e illusioni. Distruggendo la fotografia si cerca di eliminare dalla propria vita l’altro/a chi ti ha deluso, offeso, tradito.
A meno che le immagini non appartengano al proprio archivio famigliare, rispondere alle domande che ponevamo sopra è difficile se non impossibile.
                 Album Rosso, Auteil estate 1904, al tennis

Gli album o gruppi di fotografie tenute insieme con un semplice cordino, non contengono spesso alcuna indicazione dei luoghi o delle persone.
E’ una fortuna trovare album in cui sono indicate date, luoghi e nomi.
Un album acquistato nel grande mercato delle pulci di Lione e che chiamiamo “rosso” per il semplice fatto di avere la copertina in tela cerata di color rosso, ci permette di ricostruire diversi momenti della vita di un gruppo di persone appartenenti a quella classe media in espansione che aveva imparato ad usare la macchina fotografica in modo intelligente. L’album è composto da 100 pagine e le date delle didascalie vanno dal 1903 al 1908, le fotografie  non riguardano solo immagini eseguite nel corso delle vacanze: c’è il servizio militare, il matrimonio, gli interni di case borghesi piene di oggetti e in cui le persone sembrano vivere fiduciose in una tranquillità che durerà per sempre, alcuni ritratti femminili e maschili.
Album Rosso, agosto 1903, al tennis (forse Pralognan). Sul retro di questa fotografia abbiamo trovato la seguente dedica: Un joli miroir sous un panama. Deux oeils peu serieux, qui feront mieux, une autre fois, de ne plus regarder mon objectif. 

Il fotografo non ritrae solo le persone, ma anche il paesaggio: è un fatto importante e indicativo di una sensibilità più complessa. Chi ha fotografato, questo personaggio che per noi non avrà mai volto ed è il grande “mistero” di tutta la storia che cercheremo di raccontare, intendeva fissare per sempre lo stupore provato nel vedere un certo luogo o spettacolo della natura. Questo stupore, un fatto psichico e visivo, si traduceva nel bisogno di fotografare, ossia ricordare un’emozione non solo con la memoria, bene che si può anche perdere, ma  con un oggetto tattile, materico e che è possibile conservare e lasciare in eredità: la lastra sensibile alla luce.
Il “fotografo misterioso”, personaggio che attraversa interamente questo lavoro, merita più attenzione.
Poco si è scritto nella storie della fotografia delle tante riviste fotografiche che sorsero quando si passò dalla fotografia di èlite a quella di massa. Le case produttrici di fotocamere e di materiale sensibile pubblicarono opuscoli e manuali che consentivano di imparare a fotografare e a  completare, con lo sviluppo e la  stampa, l’intero  processo produttivo di una fotografia. 


Un manuale fotografico pubblicato dalla ditta tedesca Gevaert negli anni venti del Ventesimo secolo


Quest’opera pedagogica portò alla rivelazione di veri e propri talenti che quando iniziarono a fotografare avevano a disposizione esempi offerti dalle riviste e potevano imparare a “copiare” in modo intelligente. In questo processo di imitazione si sperimentavano linguaggi nuovi, si utilizzavano tecniche innovative e d’avanguardia, venivano superati vecchi preconcetti e si fondava un’idea della fotografia come campo “autonomo” della sensibilità.
Il “fotografo misterioso” dell’album “rosso” non crediamo sia diventato fotografo professionista, ma applicò tecnica appresa da altri a cui unì sensibilità personale per produrre alcune immagini che potrebbero essere messe a confronto con altre che hanno segnato la storia della fotografia. D’altra parte alcuni grandi fotografi divennero professionisti per caso oppure per aver iniziato a fotografare appena adolescenti in seguito al regalo da parte dei genitori di una macchina fotografica, forse quella Kodak prodotta per un pubblico giovanile che sentiva nell’aria il vento della “velocità”.

il fotografo misterioso” dell’album “rosso” possiede una visione dell’inquadratura e presta un’attenzione alla luce che fa diventare una semplice scena di vita militare o una partita a tennis fra due ragazze, momenti unici colmi di solitudine, complicità, voglia di vivere di una gioventù che tra qualche anno dovrà affrontare la dura prova della Prima Guerra Mondiale.
Album Rosso, scena di vita militare, anno e località imprecisate

 Parigi 1906, partita a tennis


Parigi 1906, due scene di interno borghese

Nelle fotografie dell’album “rosso” c’è un altro protagonista dei tempi moderni che l’Europa sta vivendo all’inizio del secolo, l’automobile. L’autore, appassionato di automobilismo e forse anche lui pilota, ritrae alcune gare e fissa con lo scatto momenti che ci restituiscono una delle mitologie culturali di quell’epoca: l’azzeramento del tempo e dello spazio attraverso il carro di fuoco. La velocità della corsa automobilistica è unita alla visione dei progressi tecnici che consentono alle automobili da corsa di superare ostacoli costituiti da strade polverose ed inadatte,  di riparare in pochi minuti i guasti meccanici per riprendere la gara.
Album Rosso, corsa automobilistica, Ballon d’Alsace, 26 luglio 1908

L’album si apre con una serie di fotografie eseguite in montagna nel corso di alcune escursioni invernali, il fotografo riprende le diverse fasi dell’ascensione e si sofferma a fissare il paesaggio del Colle della Grande Casse, nei pressi di Pralognan.
C’è in queste visioni di montagna un aspetto comune a tutti coloro che a quel tempo andavano sulle vette e che ancora oggi ci vanno, quello della grande fascinazione di spazi aperti e inesplorati. Insieme a questo, il nostro fotografo misterioso colloca i protagonisti delle ascensioni all’interno di un paesaggio che è la misura della piccolezza umana dinnanzi alla vastità e la forza della natura.
            Album Rosso, la Grande Casse, luglio 1902

Si stavano creando in quell’epoca i presupposti di una fotografia naturalistica e di paesaggio montano che avrebbe visto, solo pochi anni dopo, l’affermarsi negli Stati Uniti d’America e in particolare nei grandi parchi e canyons della California, di uno stile  fotografico che con personaggi come Ansel Adams ed Edward Weston avrebbe fornito  esempi tutt’oggi validi e forse non ancora superati.

martedì 22 febbraio 2011

Fotografia & Società Sesta parte

26-1845-1850-Ritratto di donna con la bocca aperta-Anonimo-Dagherrotipo

Il dagherrotipo rappresenta la prima forma in cui si riproduce il volto e l'atteggiamento di una persona attraverso l'apparato ottico-meccanico. La lunghezza della posa, la lastra d'argento resa simile ad uno specchio e il processo di sviluppo consentivano di ottenere un'immagine estremamente definita dei particolari. In questo ritratto di donna si nota però qualcosa di differente dalla fissità del volto, tipica del dagherrotipo. Il soggetto, forse stanco per la lunga posa, ha aperto la bocca e nella smorfia rivela qualcosa di stonato e duro, complessivamente sgradevole. La signora è rimasta con la bocca aperta e questo fatto rende la riproduzione di questa figura umana più vera di quella che si otterrà poco in futuro, attraverso tempi di posa più rapidi. Una maggiore rapidità della posa permette al soggetto fotografato di tenere maggiormente sotto controllo l'emozione provocata dall'essere posto davanti all'obbiettivo della fotocamera. Se la fotografia, è stato scritto, dilata all'infinito la centralità dell'individuo nella sfera della rappresentazione, essa dovrebbe rivelare anche in modo più scientifico, il carattere della persona. Si sta sollevando il sipario su un altro uso della fotografia che nell'epoca attraversata da una grande fiducia nel progresso e nella scienza, assumerà anche aspetti inquietanti: le caratteristiche del volto, ripreso in primo piano, saranno catalogate in base a principi antropologici e fisiognomici che assegneranno a ciascuno un ruolo preciso in una società basata ancora su rigide discriminazioni di classe.

27-Inizi del XX° secolo-bambino morto-Anonimo-Bromuro d'argento

Tratta da un album di famiglia in cui su ogni fotografia è indicato il nome della persona, questa fotografia eseguita prima della sepoltura di un bambino, non reca alcun nome o indicazione dello studio fotografico. Insieme al ricordo del volto, la fotografia permette ormai di conservare l'espressione del viso quando la vita non c'è più. Di questo bambino, certamente vissuto pochi mesi, resta forse un'unica immagine: quella in cui la vita si è spenta. Si potrà conservare in questo modo il solo e unico ricordo del passaggio sulla terra di una persona prematuramente scomparsa e non ci sono altre immagini eseguite in precedenza. E' come se l'intera vita di questo bambino fosse racchiusa in un unico simulacro, quello della morte che attraverso la fotografia viene in qualche modo negata, consentendo ai genitori di conservare il ricordo di un essere che crescendo avrebbe assunto una sua fisionomia, un suo corpo, un suo carattere. La famiglia a cui doveva appartenere l'album doveva essere di origine contadina  e in un'epoca in cui la mortalità infantile era ancora assai elevata, la possibilità di eseguire il ritratto di un figlio scomparso solo dopo pochi mesi di vita, era un fatto nuovo che si caricava di significati inconsueti per chi aveva affidato da sempre solo al racconto orale, il ricordo dei defunti. Ora accanto alla fotografia del nonno, fotografato anche lui forse un'unica volta nella vita, c'era anche quella del nipote che per uno strano gioco del destino lasciava di se solo un'immagine.
28-1859-1865-Ritratto di giovane uomo-St. Montabone, Torino-Albumina


L'anonimo protagonista di questa carte de visite eseguita dallo studio torinese di Luigi Montabone, un pioniere della fotografia italiana e che come il suo collega Le Lieure, ritrasse molti esponenti della nobiltà piemontese e della casa reale sabauda, cerca di comunicare un atteggiamento di ardita determinazione. Gli occhi ben aperti guardano verso il futuro; i lunghi e virili baffi, forse un po' troppo rispetto all'esile viso, conferiscono al personaggio un tono guerriero che la grande cravatta a fiocco completa e arricchisce, dando al giovane le vesti quasi di un rivoluzionario. L'atteggiamento  con cui il soggetto si pone in questa fotografia potrebbe definirsi volontaristico e funzionale al clima risorgimentale che anima i ceti medio-alti della società italiana da cui provenivano i tanti giovani impegnati nelle battaglie risorgimentali. Forse questa fotografia potrebbe esser stata eseguita prima della partenza per la Seconda Guerra d'Indipendenza del 1859; un'immagine a futura memoria lasciata in dono alla fidanzata,  ai genitori, alla giovane sposa. Se morirò in battaglia, sembra dirci il personaggio, ricordatemi così. La fotografia ormai permette di studiare in pochi momenti l'atteggiamento determinato da un particolare stato d'animo, ed è  il soggetto stesso che può decidere. Questa caratteristica della fotografia, che la differenzia così nettamente dal ritratto tradizionale, diventerà oggetto di una ricerca che continua anche nel nostro tempo. Con l'avvento di nuove sensibilità e una tecnologia più avanzata, il media si libererà dalla subordinazione alla pittura e assumerà la forma di un'arte dotata di caratteristiche proprie, assolutamente diverse dalle altre in cui da sempre era stato lasciato ai posteri il ricordo della figura umana.






29-1907-19010-Circuito automobilistico di Dieppe, auto in corsa e incidente-Anonimo-Bromuro d'argento

Incollate nelle caselle di un campionario di tessuti e filati, una serie di fotografie ci permettono di ricostruire la vita di un'anonima famiglia francese (le didascalie contengono solo alcuni nomi) che visse nei dintorni di Dieppe all'inzio del XX° secolo. Un suo componente, forse anche lui possessore di un'automobile e partecipante alla gara (in una foto c'è un signore alla guida di un'automobile), riuscì a fotografare alcuni momenti di questa corsa entrata nella storia dell'automobilismo: la velocità della vettura fissata per sempre sulla lastra e un incidente che ha rovesciato un'altra automobile sul ciglio della strada. Con la fotografia il fatto viene documentato e rimane per sempre a testimonianza di avvenimenti più o meno importanti. In questo caso si tratta di una competizione praticata con il nuovissimo sport automobilistico, ma presto saranno la guerra, avvenimenti mondani o delittuosi, manifestazioni e incontri politici fondamentali nella storia  mondiale ad essere fotografati per restare come punti di riferimento della memoria collettiva. Sta nascendo un modo assolutamente diverso di apprendere le notizie: al posto del racconto orale o scritto su una pagina di giornale e accompagnato sempre più spesso da un disegno, la fotografia fa conoscere alla gente il fatto nudo e crudo. O almeno quello che s'intende diffondere di un determinato avvenimento. Anche la fotografia è manipolabile e già da tempo è accaduto che i fotografi abbiano fabbricato delle false verità, le fotografie scomode si possono distruggere o sottrarre allo sguardo di un pubblico che diventa un vero e proprio divoratore di immagini. Ma un balzo in avanti è stato compiuto e sarà difficile tornare indietro. Chi fotografò le due autovetture certamente non era un fotoreporter di professione, ma è da immagini come queste che nasce un nuovo mestiere, ed anche un'esigenza: far in modo che la fotografia non serva ancora una volta a mentire. E' una battaglia che continua.

                                                              


Il cerchio è un gioco ormai dimenticato, ma un tempo i bambini ci giocarono tanto e divenne il simbolo di un certo tipo d’infanzia: l’ula-hoop doveva ancora venire, ma è stato un’altra cosa. Il fotografo ha inquadrato la bambina in modo che il cerchio risulti come una doppia cornice  all’interno dell’immagine. Lei ci osserva con i suoi occhioni da un epoca lontana e pensiamo che  si sia molto divertita con il suo cerchio:  ruotare, correre, passarci dentro, entrare e uscire da una sorta di paese delle meraviglie. Sappiamo che l’infanzia, quando venne eseguita questa fotografia, era un’epoca pericolosa per i bambini; un cerchio potevano averlo tutti, in tanti si divertivano a farlo correre sui ciottoli di villaggi e città annerite dal fumo delle ciminiere. Era il tempo in cui i bambini entravano presto nelle fabbriche per apprendere il duro mestiere della vita. Chissà se il cerchio era un giocattolo della  bambina oppure uno dei tanti attrezzi da studio fotografico, adatti a far star fermi i bambini davanti all’obbiettivo? Anni dopo, la donna ormai cresciuta avrà osservato non tanto il suo volto di bambina, ma questo cerchio che le rammentava il tempo di quando la ruota corre e tu non riesci più ad afferrarla, sino al momento in cui la corsa disperata si trasforma in pianto o in una risata, la sua e di chi ti protegge tra  le lunghe gonne di madri, nonne e zie che non ci sono più.


 



Fotografia & Società Quinta Parte


21-1859-Riproduzione del ritratto di Girolamo Napoleone Buonaparte
tratto da una fotografia di Disderi e pubblicato sulla prima pagina della
rivista L'illustration, N° 832, del 5 febbraio 1869
La pubblicazione di fotografie riprodotte in gravures su giornali illustrati comincia ad essere  frequente. In Francia la rivista L'Illustration utilizza disegni e fotografie per commentare i suoi articoli che spesso raccontano avvenimenti molto lontani dall'Europa. Le fotografie giungono numerose, tanto che la rivista è obbligata a creare un apposito servizio per una valutazione di qualità, affidato ad un noto fotografo parigino, Numa Blanc. L'immagine del cugino di Napoleone Terzo, Girolamo Napoleone Buonaparte, viene pubblicata in occasione del suo matrimonio con la principessa Clotilde di Savoia, figlia di Vittorio Emanuele Secondo. E' un matrimonio che suggella l'alleanza tra la Francia e il Regno di Sardegna in previsione dell'imminente guerra contro l'Austria. L'Illustration da grande risalto all'avvenimento e il ritratto dello sposo è ricavato da una fotografia eseguita da Disderi, l'inventore della carte de visite. Allo scopo di valorizzare il personaggio, l'autore della gravure ha ingrandito la figura e lo sfondo con la colonna, un elemento di stile classico presente in molti studi fotografici del tempo e in particolare in quello di Disderi.

22-1860-1865-Staua di fauno danzante-E.Muvin (?)-Albumina

Questa fotografia, eseguita a Roma da un autore non facilmente identificabile e che forse lavorava per uno studio fotografico specializzato nella riproduzione di opere d'arte, ci conduce in Italia. L'Italia nella metà del XIX° secolo è un paese che sta vivendo il processo storico di unificazione nazionale; accanto alle vestigia di una grandezza assai lontana, convivono grande miseria e un sottosviluppo che rendono la penisola assai simile alle regioni dei Balcani o dell'Europa dell'est di quel tempo. Eppure in Italia ci sono Roma, Firenze, Napoli, Milano, Palermo e tante altre città che attirano i ricchi turisti e i giovani aristocratici desiderosi di darsi una formazione classica. I turisti vengono nelle città italiane e acquistano fotografie dei monumenti che visitano, le riportano a casa come documenti di una grandezza che ancora affascina gli europei. Per questo nascono in Italia case fotografiche che si specializzano nel fornire un'immagine poco veritiera del paese, l'Italia resta per gli europei che vengono a visitarla, il paese che racchiude i più importanti monumenti dell'antichità. Uno stereotipo che ancora non è morto del tutto.

23-1860-1861-Esterno Palazzo degli Uffizi-St. Alphonse Bernoud-Albumina

Dopo Roma, una delle città più visitate d'Italia è Firenze. Questa stereoscopia edita dallo Studio fotografico di Alphonse Bernoud, un francese che scelse l'Italia per svolgere la sua attività professionale, utilizza l'effetto di prospettiva per offrire una visione non comune di un palazzo famoso ed in cui si conservano i capolavori della pittura italiana. Indipendentemente dalla notorietà del luogo, l'immagine realizzata da Bernoud non è affatto tranquillizzante e, nonostante  le figure indistinte in fondo al viale, l'immagine nel suo complesso provoca un senso di vuoto che sarà una delle caratteristiche del paesaggio fotografico urbano del Novecento. I luoghi privi della presenza umana, dove all'improvviso potrebbe accadere qualcosa, provocano  smarrimento in cui si fondono le antiche paure per gli ambienti in cui la vita sembra essersi fermata improvvisamente e le nuove, originate dalle caratteristiche inquietanti che assumono le città nella seconda metà del XIX° secolo. Alphonse Bernoud è molto importante nella storia della fotografia in Italia, fu infatti il primo ad organizzare un'immagine complessiva del bel paese vendibile ai turisti. Complice l'impossibilità di fissare il movimento a causa delle lunghe pose di esposizione della lastra, in questa stereoscopia degli Uffizi viene contraddetta la neutralità che le fotografie dei monumenti italiani intendevano suggerire evocando gli antichi splendori.

24-1860-Carte de visite di un ufficiale italiano-St. Grillet-Albumina
Mentre nella penisola italiana si diffondo gli studi fotografici e la fotografia diventa, con qualche lentezza, uno dei modi in cui si forma l'immagine della nazione che sta uscendo dalle battaglie del Risorgimento, il passaggio degli eserciti e il movimento patriottico lasciano una traccia nella storia dell'immagine con numerose fotografie di italiani in divisa. Resta un importante documento storico, l'album che raccoglie le fotografie su carte de visite dei volontari garibaldini che parteciparono alla Spedizione dei Mille. Questo ritratto eseguito a Napoli presso lo Studio Grillet reca sul retro una dedica: "all'ottimo amico signor Piacentini Bondi, Dott. Zeffirino De Reggiani, 7° Lancieri di Milano". Lo Studio Grillet di Napoli è un altro caposaldo nella diffusione della fotografia in Italia. La parigina Jeanne Grillet eredita lo studio di suo padre, fotografo a Napoli già dagli anni cinquanta, e in concorrenza con i miniaturisti, diffonde la moda della fotografia su carte del visite tra le signore dell'alta nobiltà napoletana. A quel tempo era una cosa notevole il fatto che una donna esercitasse il mestiere di fotografo e la figura di Jeanne Grillet ricorda quella di Madame Disderi che dopo la separazione da suo marito, il più famoso Disderi, continuò la sua attività a Brest. Il passaggio dalla miniatura alla fotografia è poi un altro momento fondamentale nella storia dell'immagine: si estingueva definitivamente un'arte che consentiva solo a pochi privilegiati di conservare e donare il proprio ritratto. L'uso della fotografia, adottato dalle classi dominanti, si diffondeva con un moto verso il basso e conquistava le classi popolari, contribuendo all’avvento della società di massa.

25-1870-1880-Donna che chiede l'elmosina-St. Lorenzo Suscipj-Albumina
Un'altra immagine, per così dire speculare, dell'Italia è quella della miseria in cui versa gran parte della popolazione di una nazione ancora fragile e in cui sopravvivono, con un radicamento molto forte, usi e costumi regionali. In questa immagine formato carte de visite e realizzata dallo Studio del fotografo romano Lorenzo Suscipj, uno dei primi operanti nella città come daguerrotipista, si vende la miseria italiana ai turisti che vengono a visitare Roma e riportano nelle capitali d'Europa l'immagine forse più vera dell'Italia ottocentesca. In questa fotografia non vi è solo un atteggiamento dettato dalla povertà, ma anche è anche rappresentato il costume femminile tradizionale che le contadine indossavano quotidianamente. La donna con la mano tesa per chiedere l'elemosina è una delle rappresentazioni dell'Italia che si ritrova riprodotta, sotto forma di gravure, sulle riviste illustrate francesi e inglesi.

mercoledì 16 febbraio 2011

Fotografia & Società 4° parte

16-Il risveglio di una prostituta-B.K. Editore-Albumina
Il commercio di fotografie erotiche e pornografiche si diffonde sin dall'epoca del dagherrotipo. E' un mercato assai fiorente e questa stereoscopia fa parte di una serie che racconta le giornate di una prostituta d'alto bordo nella Parigi di fine Ottocento, capitale delle arti, ma anche della trasgressione. Si tratta di un'immagine in fin dei conti molto pudica, ben altro è in circolazione. Fotografie di questo tipo sono anche una fonte di lavoro per tante ragazze provenienti dalla campagna o dai quartieri poveri della città che mettono il loro corpo a disposizione dei fotografi. Il risveglio della prostituta avviene in una stanza ben arredata e dotata di tutti i confort dell'epoca. I limiti tecnici della fotografia di quel tempo non permettevano di entrare nei bordelli e riprendere la verità della prostituzione. Nonostante tutto, queste fotografie sono anche la testimonianza di una condizione femminile e nell'immagine della donna seduta mentre si acconcia i capelli, c'è un intento vagamente artistico, con quel braccio nudo e il seno che appena s'intravede, mentre la veste scende quasi a scoprire il corpo. L'immagine stimola la fantasia di un pubblico maschile che sfoga la repressione sessuale o con l'amore a buon mercato o con una visione purgata dal sesso.

17-1904-The Ge. Sherman and its visitors
Stereoscopic Anerican Company-Bromuro d'argento
Eseguita forse in occasione di un concorso, la fotografia mostra i protagonisti di una storia che ancora non si è conclusa: donne e uomini riunititi per fotografare una grande sequoia a cui è stato dato il nome di un generale della Guerra Civile Americana. In questa immagine si celebrano la fotografia stessa, attraverso le ingombranti macchine a lastra poste ben in primo piano davanti al gruppo, e la natura, protetta nei grandi parchi nazionali, nati anche in seguito a spedizioni fotografiche per esplorare terre sconosciute. Con la fotografia si forma l'immagine degli Stati Uniti d'America; man mano avanza tra i popoli del pianeta l'idea di una nazione fatta di metropoli di gran lunga più moderne di quelle europee, di grandi macchine per produrre beni di consumo sempre più alla portata di tutti e di sconfinati spazi naturali. Tutto in America è fotografabile e fotografico. Questo gruppo, fotografato da R.Y.Young per conto di una ditta che produce stereoscopie da vendere in tutto il mondo, coglie, nel confronto tra le figure umane e la dimensione della sequoia, la forza della natura nel Nuovo Mondo.
18-1875-1880-Parigi, Avenue de l'Operà-
Compagnie Photographique Debitte & Hervé-Albumina
 
Si potrebbe scrivere un'intera storia della fotografia dedicata soltanto a Parigi. A Parigi vengono eseguite le primissime riproduzioni analogiche della vita in una grande metropoli, a Parigi si organizzano gli studi dei fotografi che segneranno i momenti decisivi di questo nuovo media. Valgano per tutti i nomi di Nadar e Disderi. La città per un fotografo è il luogo in cui si assommano gli aspetti visibili della modernità nel secolo XIX°: i larghi viali, i ponti di ferro, i mercati, i luoghi dove la borghesia trionfante dopo la sconfitta della rivoluzione del 1848, esercita il potere reale. E la città è un luogo brulicante di vita. La fotografia, con i suoi limiti tecnici non riesce sempre a fermare questo movimento incessante: spesso uomini e cose risultano solo ombre sulla lastra fotografica; le lunghe esposizioni rendono i grandi spazi deserti. Questa fotografia potrebbe esser stata realizzata dopo l'opera di restauro della città, seguita alle distruzioni della guerra civile al tempo della Comune di Parigi e dei bombardamenti prussiani durante l'assedio del 1871. Il fondo fotografico della Compagnie Debitte & Hervé comprende però un'immagine del palazzo delle Tuilleries, completamente distrutto dagli incendi appiccati dai Comunardi come ritorsione alle fucilazioni di massa compiute dall'esercito del governo di Versailles. Questo fatto potrebbe far pensare che alcune fotografie siano state eseguite prima del 1871. Nel nostro caso l'immagine dell'Avenue de l'Operà mostra una città moderna in cui s'intuisce un traffico intenso: l'effetto  prospettico che pone il grande palazzo dell'Operà al centro dell'inquadratura, contribuisce a rafforzare l'idea che Parigi è il centro di un mondo in cui il progresso è inarrestabile.

19-25 luglio 1866- Friburgo, Viadotto di Grandfey-Anonimo-Albumina
 La seconda rivoluzione industriale è celebrata attraverso l'immagine fotografica che mostra le grandi strutture in ferro costruite dagli uomini per far correre i treni, superare gli ostacoli naturali e accorciare le distanze. Giulio Verne, secondo lo storico Eric Hobsbawm, non avrebbe potuto scrivere "Il giro del mondo in 80 giorni" senza la realizzazione, nella seconda metà dell'Ottocento, di una rete ferroviaria, telegrafica e navale in grado di compiere il giro del mondo in un tempo così breve per quell’epoca. Il ferro è il simbolo e il segno reale della forza di una nazione e del suo progresso civile. Questa fotografia che reca sul retro la data 1866, venne eseguita dieci anni dopo l’incarico affidato all'ingegner L. Blotnitzki del progetto di un viadotto da parte del Comitato per le ferrovie della città di Friburgo. Vennero presentati tre progetti, vinse quello che consentiva un risparmio del 10%, con un costo complessivo valutato attorno ai 2.185.500 franchi. Alla gara d'appalto parteciparono sei industrie, vinse la Schneider & Cie di Creusot, uno dei grandi colossi industriali dell'epoca. L'aspetto attuale del ponte è molto diverso, ma all'epoca della  costruzione, i piloni di ferro che sostengono la ferrovia furono un'opera di grande impatto visivo. Questa fotografia fa parte di un gruppo di riproduzioni fotografiche acquistate da un ignoto turista che volle accludere una delle meraviglie del progresso accanto ai monumenti storici incontrati nel corso delle sue vacanze. L'inquadratura coglie in pieno la forza della costruzione lanciata verso il cielo per superare l'ostacolo del fiume Sarine e far passare il treno che avrebbe ridotto le distanze e portato la luce della civiltà in mondi la cui vita era rimasta immutata per secoli.

20-1861-Ritratto di Victor Hugo-St. Dusacq & Cie
-Bruxelles-Albumina
Questo ritratto formato carte de visite di Victor Hugo venne eseguito a poca distanza da un altro in formato stereoscopico, firmato Edmond Bacot. Bacot aveva stretto legami d'amicizia con la famiglia Hugo al tempo dell'esilio a Guernesey. Rispetto a quello di Bacot, questo appare certamente di qualità inferiore: si noti il panno caduto dietro la sedia che disturba l'inquadratura e il fondale molto rudimentale. La diffusione dalla propria immagine da parte di scrittori e artisti divenne, dopo l'invenzione della fotografia, un affare commerciale che coinvolse fotografi ed editori. Stupisce che un personaggio come Victor Hugo, proscritto dalla Francia per la sua opposizione al regime illiberale instaurato da Luigi Buonaparte dopo il 1852, abbia potuto accettare una ripresa così mediocre. Forse su Hugo influirono considerazioni di tipo economico nella diffusione della sua immagine da parte di un editore di Bruxelles. Nel 2004 un libro di Calude Malécot ha scandagliato i rapporti tra George Sand e Nadar a proposito della più famosa fotografia della scrittrice che subì un forte ritocco. All'epoca in cui venne eseguito il ritratto, George Sand era in età già avanzata e la pubblicazione dell'originale non avrebbe certo contribuito alla fortuna della sua popolarità. Con la diffusione di ritratti fotografici di artisti e uomini politici, iniziava quella politica dell'immagine che nel Ventesimo secolo ha assunto aspetti totalizzanti. Il ritratto di Victor Hugo pubblicato a Bruxelles, tutto sommato sembra più corrispondente alla realtà della condizione dello scrittore: un intellettuale che il potere della nuova borghesia trionfante voleva mettere in una angolo, una voce libera e democratica che per il momento era esclusa dalla Francia.

venerdì 11 febbraio 2011

Fotografia & Società Terza parte


11-1870-1880-Via Crucis-Tavola XII-Anonimo-stampa all'albumina
La riproduzione fotografica di quadri, disegni, illustrazioni è un momento fondamentale nella storia della fotografia. Il segno democratico che la fotografia introduce nella cultura visuale delle società capitaliste avanzate del XIX° secolo, può essere considerato un fatto rivoluzionario: tutti potranno vedere tutto, riprodotto attraverso una fotografia. La Chiesa cattolica coglie questa occasione e sfrutta il mezzo nuovo per far conoscere ai fedeli l'immagine e il messaggio della fede cristiana. Pian piano le organizzazioni cattoliche e i sacerdoti iniziano ad usare la fotografia come un potente strumento di divulgazione religiosa. La riproduzione fotografica di questa tavola della via crucis è uno dei tanti esempi della democratizzazione, ma anche della potenza, del messaggio visivo offerto dal nuovo media.

12-1879-Fotografia di signora sconosciuta lasciata in ricordo-Stduio H. Lieure-Albumna
Con la diffusione della fotografia iniziò anche la moda di regalarsi le fotografie. Questo modo di usare la propria immagine partì dalle classi più alte delle società europee e si estese pian piano anche ai settori della media e piccola borghesia. E non si regalavano soltanto i propri ritratti, ma anche paesaggi e riproduzioni di monumenti. Con l'introduzione della fotografia nella vita quotidiana, iniziò l'intensificazione dei rapporti fra le persone con la possibilità di conservare i volti di amici e parenti assieme ai quali, ad esempio, si era trascorsa una vacanza insieme. Il ricordo non era più patrimonio solo della memoria individuale, ma acquisiva forma concreta attraverso la fotografia incollata su un cartoncino rettangolare. Qualcuno, forse un membro della famiglia aristocratica proprietaria del fondo fotografico da cui proviene questo ritratto di signora sconosciuta "formato gabinetto", scrisse sul retro una dedica: "A l'irresistible Mathilde. Souvenir de Belgrate, 28 septembre 1879". Nel fondo, acquistato a Rouen, c'è anche una fotografia del patriota italiano Benedetto Cairoli, con una dedica alla contessina Mathilde de Cessolle, datata 25 settembre 1879, ed un’altra del Generale Cialdini, datata giugno 1879.
13-1890-1900-Paesaggio fluviale-Anonimo-Bromuro d'argento
 Sin dalla prima fotografia della storia, quel "point de vue" (così lo definì Nicepore Niepce) eseguito attorno al 1825 dalla finestra di Saint-Loup de Varenne, presso Chalon-sur-Saone, il paesaggio è stato protagonista del nuovo media. In questa immagine, proveniente dalla Normandia e contenuta in un album assolutamente anonimo,  vediamo il soggetto e il suo doppio. Di specchi la fotografia si è nutrita nel corso dei quasi due secoli che vanno dal momento in cui iniziarono a concretizzarsi gli esperimenti di Niepce. Nel fiume privo di increspature, si riflette un palazzotto signorile: è un tipico paesaggio di Francia. Se il fotografo avesse sollevato di poco l'obbiettivo oppure l'intera fotocamera, l'effetto di rifrazione sarebbe andato perso. In questo sguardo  c'è l'intenzione di cogliere un elemento del paesaggio, ma anche un doppio che deve risultare nitido quanto il soggetto principale. La composizione fotografica è un'imitazione della pittura oppure altro? Inconsapevolmente il nostro anonimo fotografo ha usato la macchina fotografica per effettuare un'operazione in cui la visione mentale privilegia il contenuto dello sguardo. Siamo di fronte ad una fotografia che traendo alimento dalla tradizione pittorica, la supera e crea un paesaggio assolutamente fantastico attraverso le possibilità dell'ottica e dalla luce.
14-1880-1890-Pregheira-Anonimo-Albumina
La fotografia come specchio della natura, ma anche dell'anima. Questa immagine, tratta da un' anonima stereoscopia, reca sul retro soltanto la parola "preghiera". Lo specchio rifrange la purezza e l'ispirazione religiosa della bambina vestita di bianco che si appresta a entrare nella vita di giovinetta e poi di donna. E’ simile alla porta d'ingresso in un mondo diverso da quello reale, ma la sfera di sentimenti che si nasconde dietro l'apparenza corporea, avrà una dimensione limpida e somigliante alla superficie dello  specchio? Cosa si nasconde dietro quella fronte, quegli occhi e nelle mani giunte, che ricordano quelle di una santa, ma che l’immagine riflessa lievemente deforma? Sono gli anni in cui Sigmund Freud compie i suoi studi sull'analisi dell'inconscio e la fotografia del Novecento dovrà fare i conti con la rivoluzione psicanalitica che tanto ha contribuito alla formazione della cultura contemporanea.
15-1870-1880-Fotografia colorata-Anonimo-Albumina


Sin dalla nascita della fotografia, scienziati e fotografi si posero il problema di restituire i colori reali dell'immagine. Il più importante tentativo, precedente la fotografia e la diapositiva a colori, fu quello degli authocromes ottenuti attraverso strati sovrapposti di fecola di patata e colorati con pigmenti che riproducevano i colori fondamentali. Prima degli authocromes, le fotografie si coloravano a mano oppure si usava una tecnica particolare. Sotto la stampa all'albumina, ottenuta su una carta molto trasparente, si applicava un altro foglio di carta velina in cui, con la tinta all'acquerello si coloravano le figure e i paesaggi fotografati,  dipingendo così l'intera immagine.  La fotografia era poi osservata contro una fonte luminosa che in trasparenza restituiva l'effetto del colore. L'immagine era un misto di pittura all'acquerello e di fotografia. In questo caso un interno borghese tipico della seconda metà dell'Ottocento, con tre signore che leggono una lettera giunta da lontano. Questo quadretto è anche il tentativo di raccontare, attraverso una sequenza di  stereoscopie, una storia. Si sta avvicinando l'epoca del cinema.

lunedì 7 febbraio 2011

Fotografia & Società 2° Parte

Prosegue in questo racconto per immagini sul rapporto tra fotografia e società un altro aspetto del contributo alla comprensione dei cambiamenti intervenuti tra Ottocento e Novecento: l'irrompere della gioventù e dei suoi miti, l'orientalismo, la ricostruzione della memoria più antica della cività occidentale, la guerra mondiale e i suoi effetti sulla persona.
6-1911-Gruppo di collegiali-Anonimo-stampa da un negativo su lastra all'argento
La fotografia non solo celebra il mito della giovinezza all'inizio del Ventesimo secolo, ma è anche un buon esempio di istantanea: è il nuovo modo di fotografare che si afferma e sostituisce la fotografia di stile ottocentesco. Con il diffondersi di macchine più maneggevoli e versatili è possibile fissare momenti di vita e documentare modi di essere e di vestire che fanno ormai parte della storia del costume. Si viene affermando così, l'autonomia della fotografia nel campo dell'arte. L'esercizio di ginnastica alla sbarra, il gilè, la paglietta su capo dei ragazzi fotografati da un loro coetaneo, evocano un mondo in cui le giovani generazioni diventano per la prima volta protagoniste nelle civiltà europee. Si afferma in questi anni il mito della giovinezza, ma al di là di immagini apparentemente tranquillizzanti, si agitano tra i giovani inquietudini che una nuova cultura sta cercando di far emergere in superficie. Alla fine della Prima Guerra Mondiale, per coloro che avevano un’età compresa tra i diciotto e i trent’anni e conobbero il combattimento al fronte, si parlerà di "generazione perduta". Forse anche questi ragazzi che si esercitano in una bella giornata di sole, vivranno l'esperienza della trincea.

7-1870-1875-Ragazza fotografata in studio  Saigon-StudioPun-Lun-Stampa all'albumina
La fotografia offre la possibilità di gettare lo sguardo su mondi lontani; per gli europei è possibile vedere persone appartenenti a razze diverse da quella bianca e apprendere così usi e costumi nuovi. Insieme all'orientalismo nasce uno stile fotografico che cataloga i soggetti al fine, anche,di erigere barriere tra le diversità razziali. Al seguito delle conquiste coloniali, giungono i fotografi che impiantano i loro studi in città lontane, misteriose e sino ad ora conosciute solo da pochissimi viaggiatori. Ma insieme ai fotografi europei nascono anche studi fotografici di proprietà di indigeni che imparano il nuovo mestiere di fabbricare il ritratto della gente in milioni di copie. L'immagine di questa ragazza vietnamita fa parte di un fondo di fotografie eseguito all'epoca della conquista dell'Indocina da parte dei francesi. Molto spesso queste fotografie vengono riprodotte attraverso la tecnica litografica sulle riviste europee, le gravures contribuiscono ad allargare gli orizzonti ed ad unificare i popoli del pianeta: è un processo culturale che non si è mai fermato.

8-1889-Donna in costume da orientale--Anonimo-
                              Stampa all'albumina
Apprendiamo da un altra fotografia in cui questa signora è ripresta in primo piano, contenuta, come questa, in un  album di provenienza svizzera, che il suo nome era Denis Arborio Gattinara; venne fotografata a Lucerna il 9 agosto 1889. E' probabile che la fotografia in cui  vediamo Denis in costume orientale, sia stata eseguita nella stessa occasione. Non sappiamo chi sia questa signora, forse un'attrice oppure una cantante. Certamente era una donna che frequentava un certo mondo in cui iniziava non solo a prendere forza la moda dei viaggi verso terre lontane, ad esempio l'Egitto, ma anche di lasciarsi ritrarre abbigliati con costumi diversi da quelli europei. Strettamente collegato all'espansione coloniale e all'arrivo in occidente dell'immagine di popoli soggetti alla dominazione europea, l'orientalismo in fotografia rappresentò anche un tentativo di comprendere cosa c'era al di fuori dell'Europa. Nel momento stesso in cui eserciti e mercanti bianchi conquistavano, e in modo rapidissimo, i tre quarti del globo, attraverso la fotografia i popoli dominati estendevano una certa influenza culturale sui dominatori.

9-1889-Nonna e nipotina accanto all'arcolaio--Anonimo
                                  -Albumina
Questa immagine proveniente dallo stesso album della N° 8, introduce un tema molto importante nella storia della fotografia. Qui non si tratta soltanto di un ritratto in cui compaiono due generazioni, ma c'è anche il tentativo, in questo caso riuscito, di tramandare la memoria di un lavoro da sempre appannaggio delle donne e all'origine di alcuni miti dell'antichità. Il lavoro della filatura all'arcolaio è mostrato attraverso lo strumento messo ben in primo piano, è la donna anziana che passa alla bambina una memoria storica della condizione femminile ed anche della sua vita. La fotografia ha svolto un ruolo fondamentale negli studi sulla memoria collettiva, e non solo in quanto mezzo per la conservazione di eventi pubblici e privati, ma anche perché ha trasmesso sino ai nostri giorni l'immagine di oggetti di cui si sarebbe irrimediabilmente persa la memoria. Il lavoro e la ricerca sulla memoria a livello universitario si affermano nel Novecento, con la scuola francese della rivista Les Annales diretta da Marc Bloch e Henri Lefevbre. L'immagine e quella fotografica in particolare, ha trovato in questo lavoro di ricerca vasta applicazione.

10-1916/17-Tre soldati francesi fotografati
                                              in un ospedale di Lione-Anonimo-
                                              Stampa al bromuro d'argento
Questa fotografia eseguita da un medico e contenuta in un album che documenta la permanenza di soldati feriti e mutilati in uno dei grandi ospedali militari di Lione, forse si tratta dell’ Hotel Dieu, esprime il lato oscuro dell'immagine fotografica: l’esplicitarsi, senza mezzi termini, della sofferenza. La guerra, e la Prima Guerra Mondiale in particolare, fu il grande motore per cui la fotografia si affermò per testimoniare la verità. In questa immagine così cruda, non c'è alcun autocompiacimento; i tre giovani hanno perso una gamba ed hanno sul petto le medaglie che si sono conquistati al prezzo di una mutilazione nel loro corpo. La verità delle ferite, delle medaglie, dei volti che ci guardano diretti, sono un'accusa verso ogni guerra. Li vediamo in carne ed ossa; la sofferenza della guerra non è più rappresentata attraverso l'elaborazione intellettuale del pittore o del disegnatore che deve raccontare l'avvenimento bellico per un pubblico di lettori affamato di notizie. La verità è sotto i nostri occhi, con queste mani poggiate sulle spalle per sostenersi l'un l'altro nella vita che verrà e in cui bisognerà affrontare un'altra guerra: quella per sopravvivere. Questa immagine è anche la testimonianza di un sentimento profondo che legò fra loro i soldati di tutte le nazioni che avevano combattuto sui campi di battaglia europei tra il 1914 e il 1918.