martedì 22 febbraio 2011

Fotografia & Società Sesta parte

26-1845-1850-Ritratto di donna con la bocca aperta-Anonimo-Dagherrotipo

Il dagherrotipo rappresenta la prima forma in cui si riproduce il volto e l'atteggiamento di una persona attraverso l'apparato ottico-meccanico. La lunghezza della posa, la lastra d'argento resa simile ad uno specchio e il processo di sviluppo consentivano di ottenere un'immagine estremamente definita dei particolari. In questo ritratto di donna si nota però qualcosa di differente dalla fissità del volto, tipica del dagherrotipo. Il soggetto, forse stanco per la lunga posa, ha aperto la bocca e nella smorfia rivela qualcosa di stonato e duro, complessivamente sgradevole. La signora è rimasta con la bocca aperta e questo fatto rende la riproduzione di questa figura umana più vera di quella che si otterrà poco in futuro, attraverso tempi di posa più rapidi. Una maggiore rapidità della posa permette al soggetto fotografato di tenere maggiormente sotto controllo l'emozione provocata dall'essere posto davanti all'obbiettivo della fotocamera. Se la fotografia, è stato scritto, dilata all'infinito la centralità dell'individuo nella sfera della rappresentazione, essa dovrebbe rivelare anche in modo più scientifico, il carattere della persona. Si sta sollevando il sipario su un altro uso della fotografia che nell'epoca attraversata da una grande fiducia nel progresso e nella scienza, assumerà anche aspetti inquietanti: le caratteristiche del volto, ripreso in primo piano, saranno catalogate in base a principi antropologici e fisiognomici che assegneranno a ciascuno un ruolo preciso in una società basata ancora su rigide discriminazioni di classe.

27-Inizi del XX° secolo-bambino morto-Anonimo-Bromuro d'argento

Tratta da un album di famiglia in cui su ogni fotografia è indicato il nome della persona, questa fotografia eseguita prima della sepoltura di un bambino, non reca alcun nome o indicazione dello studio fotografico. Insieme al ricordo del volto, la fotografia permette ormai di conservare l'espressione del viso quando la vita non c'è più. Di questo bambino, certamente vissuto pochi mesi, resta forse un'unica immagine: quella in cui la vita si è spenta. Si potrà conservare in questo modo il solo e unico ricordo del passaggio sulla terra di una persona prematuramente scomparsa e non ci sono altre immagini eseguite in precedenza. E' come se l'intera vita di questo bambino fosse racchiusa in un unico simulacro, quello della morte che attraverso la fotografia viene in qualche modo negata, consentendo ai genitori di conservare il ricordo di un essere che crescendo avrebbe assunto una sua fisionomia, un suo corpo, un suo carattere. La famiglia a cui doveva appartenere l'album doveva essere di origine contadina  e in un'epoca in cui la mortalità infantile era ancora assai elevata, la possibilità di eseguire il ritratto di un figlio scomparso solo dopo pochi mesi di vita, era un fatto nuovo che si caricava di significati inconsueti per chi aveva affidato da sempre solo al racconto orale, il ricordo dei defunti. Ora accanto alla fotografia del nonno, fotografato anche lui forse un'unica volta nella vita, c'era anche quella del nipote che per uno strano gioco del destino lasciava di se solo un'immagine.
28-1859-1865-Ritratto di giovane uomo-St. Montabone, Torino-Albumina


L'anonimo protagonista di questa carte de visite eseguita dallo studio torinese di Luigi Montabone, un pioniere della fotografia italiana e che come il suo collega Le Lieure, ritrasse molti esponenti della nobiltà piemontese e della casa reale sabauda, cerca di comunicare un atteggiamento di ardita determinazione. Gli occhi ben aperti guardano verso il futuro; i lunghi e virili baffi, forse un po' troppo rispetto all'esile viso, conferiscono al personaggio un tono guerriero che la grande cravatta a fiocco completa e arricchisce, dando al giovane le vesti quasi di un rivoluzionario. L'atteggiamento  con cui il soggetto si pone in questa fotografia potrebbe definirsi volontaristico e funzionale al clima risorgimentale che anima i ceti medio-alti della società italiana da cui provenivano i tanti giovani impegnati nelle battaglie risorgimentali. Forse questa fotografia potrebbe esser stata eseguita prima della partenza per la Seconda Guerra d'Indipendenza del 1859; un'immagine a futura memoria lasciata in dono alla fidanzata,  ai genitori, alla giovane sposa. Se morirò in battaglia, sembra dirci il personaggio, ricordatemi così. La fotografia ormai permette di studiare in pochi momenti l'atteggiamento determinato da un particolare stato d'animo, ed è  il soggetto stesso che può decidere. Questa caratteristica della fotografia, che la differenzia così nettamente dal ritratto tradizionale, diventerà oggetto di una ricerca che continua anche nel nostro tempo. Con l'avvento di nuove sensibilità e una tecnologia più avanzata, il media si libererà dalla subordinazione alla pittura e assumerà la forma di un'arte dotata di caratteristiche proprie, assolutamente diverse dalle altre in cui da sempre era stato lasciato ai posteri il ricordo della figura umana.






29-1907-19010-Circuito automobilistico di Dieppe, auto in corsa e incidente-Anonimo-Bromuro d'argento

Incollate nelle caselle di un campionario di tessuti e filati, una serie di fotografie ci permettono di ricostruire la vita di un'anonima famiglia francese (le didascalie contengono solo alcuni nomi) che visse nei dintorni di Dieppe all'inzio del XX° secolo. Un suo componente, forse anche lui possessore di un'automobile e partecipante alla gara (in una foto c'è un signore alla guida di un'automobile), riuscì a fotografare alcuni momenti di questa corsa entrata nella storia dell'automobilismo: la velocità della vettura fissata per sempre sulla lastra e un incidente che ha rovesciato un'altra automobile sul ciglio della strada. Con la fotografia il fatto viene documentato e rimane per sempre a testimonianza di avvenimenti più o meno importanti. In questo caso si tratta di una competizione praticata con il nuovissimo sport automobilistico, ma presto saranno la guerra, avvenimenti mondani o delittuosi, manifestazioni e incontri politici fondamentali nella storia  mondiale ad essere fotografati per restare come punti di riferimento della memoria collettiva. Sta nascendo un modo assolutamente diverso di apprendere le notizie: al posto del racconto orale o scritto su una pagina di giornale e accompagnato sempre più spesso da un disegno, la fotografia fa conoscere alla gente il fatto nudo e crudo. O almeno quello che s'intende diffondere di un determinato avvenimento. Anche la fotografia è manipolabile e già da tempo è accaduto che i fotografi abbiano fabbricato delle false verità, le fotografie scomode si possono distruggere o sottrarre allo sguardo di un pubblico che diventa un vero e proprio divoratore di immagini. Ma un balzo in avanti è stato compiuto e sarà difficile tornare indietro. Chi fotografò le due autovetture certamente non era un fotoreporter di professione, ma è da immagini come queste che nasce un nuovo mestiere, ed anche un'esigenza: far in modo che la fotografia non serva ancora una volta a mentire. E' una battaglia che continua.

                                                              


Il cerchio è un gioco ormai dimenticato, ma un tempo i bambini ci giocarono tanto e divenne il simbolo di un certo tipo d’infanzia: l’ula-hoop doveva ancora venire, ma è stato un’altra cosa. Il fotografo ha inquadrato la bambina in modo che il cerchio risulti come una doppia cornice  all’interno dell’immagine. Lei ci osserva con i suoi occhioni da un epoca lontana e pensiamo che  si sia molto divertita con il suo cerchio:  ruotare, correre, passarci dentro, entrare e uscire da una sorta di paese delle meraviglie. Sappiamo che l’infanzia, quando venne eseguita questa fotografia, era un’epoca pericolosa per i bambini; un cerchio potevano averlo tutti, in tanti si divertivano a farlo correre sui ciottoli di villaggi e città annerite dal fumo delle ciminiere. Era il tempo in cui i bambini entravano presto nelle fabbriche per apprendere il duro mestiere della vita. Chissà se il cerchio era un giocattolo della  bambina oppure uno dei tanti attrezzi da studio fotografico, adatti a far star fermi i bambini davanti all’obbiettivo? Anni dopo, la donna ormai cresciuta avrà osservato non tanto il suo volto di bambina, ma questo cerchio che le rammentava il tempo di quando la ruota corre e tu non riesci più ad afferrarla, sino al momento in cui la corsa disperata si trasforma in pianto o in una risata, la sua e di chi ti protegge tra  le lunghe gonne di madri, nonne e zie che non ci sono più.


 



Fotografia & Società Quinta Parte


21-1859-Riproduzione del ritratto di Girolamo Napoleone Buonaparte
tratto da una fotografia di Disderi e pubblicato sulla prima pagina della
rivista L'illustration, N° 832, del 5 febbraio 1869
La pubblicazione di fotografie riprodotte in gravures su giornali illustrati comincia ad essere  frequente. In Francia la rivista L'Illustration utilizza disegni e fotografie per commentare i suoi articoli che spesso raccontano avvenimenti molto lontani dall'Europa. Le fotografie giungono numerose, tanto che la rivista è obbligata a creare un apposito servizio per una valutazione di qualità, affidato ad un noto fotografo parigino, Numa Blanc. L'immagine del cugino di Napoleone Terzo, Girolamo Napoleone Buonaparte, viene pubblicata in occasione del suo matrimonio con la principessa Clotilde di Savoia, figlia di Vittorio Emanuele Secondo. E' un matrimonio che suggella l'alleanza tra la Francia e il Regno di Sardegna in previsione dell'imminente guerra contro l'Austria. L'Illustration da grande risalto all'avvenimento e il ritratto dello sposo è ricavato da una fotografia eseguita da Disderi, l'inventore della carte de visite. Allo scopo di valorizzare il personaggio, l'autore della gravure ha ingrandito la figura e lo sfondo con la colonna, un elemento di stile classico presente in molti studi fotografici del tempo e in particolare in quello di Disderi.

22-1860-1865-Staua di fauno danzante-E.Muvin (?)-Albumina

Questa fotografia, eseguita a Roma da un autore non facilmente identificabile e che forse lavorava per uno studio fotografico specializzato nella riproduzione di opere d'arte, ci conduce in Italia. L'Italia nella metà del XIX° secolo è un paese che sta vivendo il processo storico di unificazione nazionale; accanto alle vestigia di una grandezza assai lontana, convivono grande miseria e un sottosviluppo che rendono la penisola assai simile alle regioni dei Balcani o dell'Europa dell'est di quel tempo. Eppure in Italia ci sono Roma, Firenze, Napoli, Milano, Palermo e tante altre città che attirano i ricchi turisti e i giovani aristocratici desiderosi di darsi una formazione classica. I turisti vengono nelle città italiane e acquistano fotografie dei monumenti che visitano, le riportano a casa come documenti di una grandezza che ancora affascina gli europei. Per questo nascono in Italia case fotografiche che si specializzano nel fornire un'immagine poco veritiera del paese, l'Italia resta per gli europei che vengono a visitarla, il paese che racchiude i più importanti monumenti dell'antichità. Uno stereotipo che ancora non è morto del tutto.

23-1860-1861-Esterno Palazzo degli Uffizi-St. Alphonse Bernoud-Albumina

Dopo Roma, una delle città più visitate d'Italia è Firenze. Questa stereoscopia edita dallo Studio fotografico di Alphonse Bernoud, un francese che scelse l'Italia per svolgere la sua attività professionale, utilizza l'effetto di prospettiva per offrire una visione non comune di un palazzo famoso ed in cui si conservano i capolavori della pittura italiana. Indipendentemente dalla notorietà del luogo, l'immagine realizzata da Bernoud non è affatto tranquillizzante e, nonostante  le figure indistinte in fondo al viale, l'immagine nel suo complesso provoca un senso di vuoto che sarà una delle caratteristiche del paesaggio fotografico urbano del Novecento. I luoghi privi della presenza umana, dove all'improvviso potrebbe accadere qualcosa, provocano  smarrimento in cui si fondono le antiche paure per gli ambienti in cui la vita sembra essersi fermata improvvisamente e le nuove, originate dalle caratteristiche inquietanti che assumono le città nella seconda metà del XIX° secolo. Alphonse Bernoud è molto importante nella storia della fotografia in Italia, fu infatti il primo ad organizzare un'immagine complessiva del bel paese vendibile ai turisti. Complice l'impossibilità di fissare il movimento a causa delle lunghe pose di esposizione della lastra, in questa stereoscopia degli Uffizi viene contraddetta la neutralità che le fotografie dei monumenti italiani intendevano suggerire evocando gli antichi splendori.

24-1860-Carte de visite di un ufficiale italiano-St. Grillet-Albumina
Mentre nella penisola italiana si diffondo gli studi fotografici e la fotografia diventa, con qualche lentezza, uno dei modi in cui si forma l'immagine della nazione che sta uscendo dalle battaglie del Risorgimento, il passaggio degli eserciti e il movimento patriottico lasciano una traccia nella storia dell'immagine con numerose fotografie di italiani in divisa. Resta un importante documento storico, l'album che raccoglie le fotografie su carte de visite dei volontari garibaldini che parteciparono alla Spedizione dei Mille. Questo ritratto eseguito a Napoli presso lo Studio Grillet reca sul retro una dedica: "all'ottimo amico signor Piacentini Bondi, Dott. Zeffirino De Reggiani, 7° Lancieri di Milano". Lo Studio Grillet di Napoli è un altro caposaldo nella diffusione della fotografia in Italia. La parigina Jeanne Grillet eredita lo studio di suo padre, fotografo a Napoli già dagli anni cinquanta, e in concorrenza con i miniaturisti, diffonde la moda della fotografia su carte del visite tra le signore dell'alta nobiltà napoletana. A quel tempo era una cosa notevole il fatto che una donna esercitasse il mestiere di fotografo e la figura di Jeanne Grillet ricorda quella di Madame Disderi che dopo la separazione da suo marito, il più famoso Disderi, continuò la sua attività a Brest. Il passaggio dalla miniatura alla fotografia è poi un altro momento fondamentale nella storia dell'immagine: si estingueva definitivamente un'arte che consentiva solo a pochi privilegiati di conservare e donare il proprio ritratto. L'uso della fotografia, adottato dalle classi dominanti, si diffondeva con un moto verso il basso e conquistava le classi popolari, contribuendo all’avvento della società di massa.

25-1870-1880-Donna che chiede l'elmosina-St. Lorenzo Suscipj-Albumina
Un'altra immagine, per così dire speculare, dell'Italia è quella della miseria in cui versa gran parte della popolazione di una nazione ancora fragile e in cui sopravvivono, con un radicamento molto forte, usi e costumi regionali. In questa immagine formato carte de visite e realizzata dallo Studio del fotografo romano Lorenzo Suscipj, uno dei primi operanti nella città come daguerrotipista, si vende la miseria italiana ai turisti che vengono a visitare Roma e riportano nelle capitali d'Europa l'immagine forse più vera dell'Italia ottocentesca. In questa fotografia non vi è solo un atteggiamento dettato dalla povertà, ma anche è anche rappresentato il costume femminile tradizionale che le contadine indossavano quotidianamente. La donna con la mano tesa per chiedere l'elemosina è una delle rappresentazioni dell'Italia che si ritrova riprodotta, sotto forma di gravure, sulle riviste illustrate francesi e inglesi.

mercoledì 16 febbraio 2011

Fotografia & Società 4° parte

16-Il risveglio di una prostituta-B.K. Editore-Albumina
Il commercio di fotografie erotiche e pornografiche si diffonde sin dall'epoca del dagherrotipo. E' un mercato assai fiorente e questa stereoscopia fa parte di una serie che racconta le giornate di una prostituta d'alto bordo nella Parigi di fine Ottocento, capitale delle arti, ma anche della trasgressione. Si tratta di un'immagine in fin dei conti molto pudica, ben altro è in circolazione. Fotografie di questo tipo sono anche una fonte di lavoro per tante ragazze provenienti dalla campagna o dai quartieri poveri della città che mettono il loro corpo a disposizione dei fotografi. Il risveglio della prostituta avviene in una stanza ben arredata e dotata di tutti i confort dell'epoca. I limiti tecnici della fotografia di quel tempo non permettevano di entrare nei bordelli e riprendere la verità della prostituzione. Nonostante tutto, queste fotografie sono anche la testimonianza di una condizione femminile e nell'immagine della donna seduta mentre si acconcia i capelli, c'è un intento vagamente artistico, con quel braccio nudo e il seno che appena s'intravede, mentre la veste scende quasi a scoprire il corpo. L'immagine stimola la fantasia di un pubblico maschile che sfoga la repressione sessuale o con l'amore a buon mercato o con una visione purgata dal sesso.

17-1904-The Ge. Sherman and its visitors
Stereoscopic Anerican Company-Bromuro d'argento
Eseguita forse in occasione di un concorso, la fotografia mostra i protagonisti di una storia che ancora non si è conclusa: donne e uomini riunititi per fotografare una grande sequoia a cui è stato dato il nome di un generale della Guerra Civile Americana. In questa immagine si celebrano la fotografia stessa, attraverso le ingombranti macchine a lastra poste ben in primo piano davanti al gruppo, e la natura, protetta nei grandi parchi nazionali, nati anche in seguito a spedizioni fotografiche per esplorare terre sconosciute. Con la fotografia si forma l'immagine degli Stati Uniti d'America; man mano avanza tra i popoli del pianeta l'idea di una nazione fatta di metropoli di gran lunga più moderne di quelle europee, di grandi macchine per produrre beni di consumo sempre più alla portata di tutti e di sconfinati spazi naturali. Tutto in America è fotografabile e fotografico. Questo gruppo, fotografato da R.Y.Young per conto di una ditta che produce stereoscopie da vendere in tutto il mondo, coglie, nel confronto tra le figure umane e la dimensione della sequoia, la forza della natura nel Nuovo Mondo.
18-1875-1880-Parigi, Avenue de l'Operà-
Compagnie Photographique Debitte & Hervé-Albumina
 
Si potrebbe scrivere un'intera storia della fotografia dedicata soltanto a Parigi. A Parigi vengono eseguite le primissime riproduzioni analogiche della vita in una grande metropoli, a Parigi si organizzano gli studi dei fotografi che segneranno i momenti decisivi di questo nuovo media. Valgano per tutti i nomi di Nadar e Disderi. La città per un fotografo è il luogo in cui si assommano gli aspetti visibili della modernità nel secolo XIX°: i larghi viali, i ponti di ferro, i mercati, i luoghi dove la borghesia trionfante dopo la sconfitta della rivoluzione del 1848, esercita il potere reale. E la città è un luogo brulicante di vita. La fotografia, con i suoi limiti tecnici non riesce sempre a fermare questo movimento incessante: spesso uomini e cose risultano solo ombre sulla lastra fotografica; le lunghe esposizioni rendono i grandi spazi deserti. Questa fotografia potrebbe esser stata realizzata dopo l'opera di restauro della città, seguita alle distruzioni della guerra civile al tempo della Comune di Parigi e dei bombardamenti prussiani durante l'assedio del 1871. Il fondo fotografico della Compagnie Debitte & Hervé comprende però un'immagine del palazzo delle Tuilleries, completamente distrutto dagli incendi appiccati dai Comunardi come ritorsione alle fucilazioni di massa compiute dall'esercito del governo di Versailles. Questo fatto potrebbe far pensare che alcune fotografie siano state eseguite prima del 1871. Nel nostro caso l'immagine dell'Avenue de l'Operà mostra una città moderna in cui s'intuisce un traffico intenso: l'effetto  prospettico che pone il grande palazzo dell'Operà al centro dell'inquadratura, contribuisce a rafforzare l'idea che Parigi è il centro di un mondo in cui il progresso è inarrestabile.

19-25 luglio 1866- Friburgo, Viadotto di Grandfey-Anonimo-Albumina
 La seconda rivoluzione industriale è celebrata attraverso l'immagine fotografica che mostra le grandi strutture in ferro costruite dagli uomini per far correre i treni, superare gli ostacoli naturali e accorciare le distanze. Giulio Verne, secondo lo storico Eric Hobsbawm, non avrebbe potuto scrivere "Il giro del mondo in 80 giorni" senza la realizzazione, nella seconda metà dell'Ottocento, di una rete ferroviaria, telegrafica e navale in grado di compiere il giro del mondo in un tempo così breve per quell’epoca. Il ferro è il simbolo e il segno reale della forza di una nazione e del suo progresso civile. Questa fotografia che reca sul retro la data 1866, venne eseguita dieci anni dopo l’incarico affidato all'ingegner L. Blotnitzki del progetto di un viadotto da parte del Comitato per le ferrovie della città di Friburgo. Vennero presentati tre progetti, vinse quello che consentiva un risparmio del 10%, con un costo complessivo valutato attorno ai 2.185.500 franchi. Alla gara d'appalto parteciparono sei industrie, vinse la Schneider & Cie di Creusot, uno dei grandi colossi industriali dell'epoca. L'aspetto attuale del ponte è molto diverso, ma all'epoca della  costruzione, i piloni di ferro che sostengono la ferrovia furono un'opera di grande impatto visivo. Questa fotografia fa parte di un gruppo di riproduzioni fotografiche acquistate da un ignoto turista che volle accludere una delle meraviglie del progresso accanto ai monumenti storici incontrati nel corso delle sue vacanze. L'inquadratura coglie in pieno la forza della costruzione lanciata verso il cielo per superare l'ostacolo del fiume Sarine e far passare il treno che avrebbe ridotto le distanze e portato la luce della civiltà in mondi la cui vita era rimasta immutata per secoli.

20-1861-Ritratto di Victor Hugo-St. Dusacq & Cie
-Bruxelles-Albumina
Questo ritratto formato carte de visite di Victor Hugo venne eseguito a poca distanza da un altro in formato stereoscopico, firmato Edmond Bacot. Bacot aveva stretto legami d'amicizia con la famiglia Hugo al tempo dell'esilio a Guernesey. Rispetto a quello di Bacot, questo appare certamente di qualità inferiore: si noti il panno caduto dietro la sedia che disturba l'inquadratura e il fondale molto rudimentale. La diffusione dalla propria immagine da parte di scrittori e artisti divenne, dopo l'invenzione della fotografia, un affare commerciale che coinvolse fotografi ed editori. Stupisce che un personaggio come Victor Hugo, proscritto dalla Francia per la sua opposizione al regime illiberale instaurato da Luigi Buonaparte dopo il 1852, abbia potuto accettare una ripresa così mediocre. Forse su Hugo influirono considerazioni di tipo economico nella diffusione della sua immagine da parte di un editore di Bruxelles. Nel 2004 un libro di Calude Malécot ha scandagliato i rapporti tra George Sand e Nadar a proposito della più famosa fotografia della scrittrice che subì un forte ritocco. All'epoca in cui venne eseguito il ritratto, George Sand era in età già avanzata e la pubblicazione dell'originale non avrebbe certo contribuito alla fortuna della sua popolarità. Con la diffusione di ritratti fotografici di artisti e uomini politici, iniziava quella politica dell'immagine che nel Ventesimo secolo ha assunto aspetti totalizzanti. Il ritratto di Victor Hugo pubblicato a Bruxelles, tutto sommato sembra più corrispondente alla realtà della condizione dello scrittore: un intellettuale che il potere della nuova borghesia trionfante voleva mettere in una angolo, una voce libera e democratica che per il momento era esclusa dalla Francia.

venerdì 11 febbraio 2011

Fotografia & Società Terza parte


11-1870-1880-Via Crucis-Tavola XII-Anonimo-stampa all'albumina
La riproduzione fotografica di quadri, disegni, illustrazioni è un momento fondamentale nella storia della fotografia. Il segno democratico che la fotografia introduce nella cultura visuale delle società capitaliste avanzate del XIX° secolo, può essere considerato un fatto rivoluzionario: tutti potranno vedere tutto, riprodotto attraverso una fotografia. La Chiesa cattolica coglie questa occasione e sfrutta il mezzo nuovo per far conoscere ai fedeli l'immagine e il messaggio della fede cristiana. Pian piano le organizzazioni cattoliche e i sacerdoti iniziano ad usare la fotografia come un potente strumento di divulgazione religiosa. La riproduzione fotografica di questa tavola della via crucis è uno dei tanti esempi della democratizzazione, ma anche della potenza, del messaggio visivo offerto dal nuovo media.

12-1879-Fotografia di signora sconosciuta lasciata in ricordo-Stduio H. Lieure-Albumna
Con la diffusione della fotografia iniziò anche la moda di regalarsi le fotografie. Questo modo di usare la propria immagine partì dalle classi più alte delle società europee e si estese pian piano anche ai settori della media e piccola borghesia. E non si regalavano soltanto i propri ritratti, ma anche paesaggi e riproduzioni di monumenti. Con l'introduzione della fotografia nella vita quotidiana, iniziò l'intensificazione dei rapporti fra le persone con la possibilità di conservare i volti di amici e parenti assieme ai quali, ad esempio, si era trascorsa una vacanza insieme. Il ricordo non era più patrimonio solo della memoria individuale, ma acquisiva forma concreta attraverso la fotografia incollata su un cartoncino rettangolare. Qualcuno, forse un membro della famiglia aristocratica proprietaria del fondo fotografico da cui proviene questo ritratto di signora sconosciuta "formato gabinetto", scrisse sul retro una dedica: "A l'irresistible Mathilde. Souvenir de Belgrate, 28 septembre 1879". Nel fondo, acquistato a Rouen, c'è anche una fotografia del patriota italiano Benedetto Cairoli, con una dedica alla contessina Mathilde de Cessolle, datata 25 settembre 1879, ed un’altra del Generale Cialdini, datata giugno 1879.
13-1890-1900-Paesaggio fluviale-Anonimo-Bromuro d'argento
 Sin dalla prima fotografia della storia, quel "point de vue" (così lo definì Nicepore Niepce) eseguito attorno al 1825 dalla finestra di Saint-Loup de Varenne, presso Chalon-sur-Saone, il paesaggio è stato protagonista del nuovo media. In questa immagine, proveniente dalla Normandia e contenuta in un album assolutamente anonimo,  vediamo il soggetto e il suo doppio. Di specchi la fotografia si è nutrita nel corso dei quasi due secoli che vanno dal momento in cui iniziarono a concretizzarsi gli esperimenti di Niepce. Nel fiume privo di increspature, si riflette un palazzotto signorile: è un tipico paesaggio di Francia. Se il fotografo avesse sollevato di poco l'obbiettivo oppure l'intera fotocamera, l'effetto di rifrazione sarebbe andato perso. In questo sguardo  c'è l'intenzione di cogliere un elemento del paesaggio, ma anche un doppio che deve risultare nitido quanto il soggetto principale. La composizione fotografica è un'imitazione della pittura oppure altro? Inconsapevolmente il nostro anonimo fotografo ha usato la macchina fotografica per effettuare un'operazione in cui la visione mentale privilegia il contenuto dello sguardo. Siamo di fronte ad una fotografia che traendo alimento dalla tradizione pittorica, la supera e crea un paesaggio assolutamente fantastico attraverso le possibilità dell'ottica e dalla luce.
14-1880-1890-Pregheira-Anonimo-Albumina
La fotografia come specchio della natura, ma anche dell'anima. Questa immagine, tratta da un' anonima stereoscopia, reca sul retro soltanto la parola "preghiera". Lo specchio rifrange la purezza e l'ispirazione religiosa della bambina vestita di bianco che si appresta a entrare nella vita di giovinetta e poi di donna. E’ simile alla porta d'ingresso in un mondo diverso da quello reale, ma la sfera di sentimenti che si nasconde dietro l'apparenza corporea, avrà una dimensione limpida e somigliante alla superficie dello  specchio? Cosa si nasconde dietro quella fronte, quegli occhi e nelle mani giunte, che ricordano quelle di una santa, ma che l’immagine riflessa lievemente deforma? Sono gli anni in cui Sigmund Freud compie i suoi studi sull'analisi dell'inconscio e la fotografia del Novecento dovrà fare i conti con la rivoluzione psicanalitica che tanto ha contribuito alla formazione della cultura contemporanea.
15-1870-1880-Fotografia colorata-Anonimo-Albumina


Sin dalla nascita della fotografia, scienziati e fotografi si posero il problema di restituire i colori reali dell'immagine. Il più importante tentativo, precedente la fotografia e la diapositiva a colori, fu quello degli authocromes ottenuti attraverso strati sovrapposti di fecola di patata e colorati con pigmenti che riproducevano i colori fondamentali. Prima degli authocromes, le fotografie si coloravano a mano oppure si usava una tecnica particolare. Sotto la stampa all'albumina, ottenuta su una carta molto trasparente, si applicava un altro foglio di carta velina in cui, con la tinta all'acquerello si coloravano le figure e i paesaggi fotografati,  dipingendo così l'intera immagine.  La fotografia era poi osservata contro una fonte luminosa che in trasparenza restituiva l'effetto del colore. L'immagine era un misto di pittura all'acquerello e di fotografia. In questo caso un interno borghese tipico della seconda metà dell'Ottocento, con tre signore che leggono una lettera giunta da lontano. Questo quadretto è anche il tentativo di raccontare, attraverso una sequenza di  stereoscopie, una storia. Si sta avvicinando l'epoca del cinema.

lunedì 7 febbraio 2011

Fotografia & Società 2° Parte

Prosegue in questo racconto per immagini sul rapporto tra fotografia e società un altro aspetto del contributo alla comprensione dei cambiamenti intervenuti tra Ottocento e Novecento: l'irrompere della gioventù e dei suoi miti, l'orientalismo, la ricostruzione della memoria più antica della cività occidentale, la guerra mondiale e i suoi effetti sulla persona.
6-1911-Gruppo di collegiali-Anonimo-stampa da un negativo su lastra all'argento
La fotografia non solo celebra il mito della giovinezza all'inizio del Ventesimo secolo, ma è anche un buon esempio di istantanea: è il nuovo modo di fotografare che si afferma e sostituisce la fotografia di stile ottocentesco. Con il diffondersi di macchine più maneggevoli e versatili è possibile fissare momenti di vita e documentare modi di essere e di vestire che fanno ormai parte della storia del costume. Si viene affermando così, l'autonomia della fotografia nel campo dell'arte. L'esercizio di ginnastica alla sbarra, il gilè, la paglietta su capo dei ragazzi fotografati da un loro coetaneo, evocano un mondo in cui le giovani generazioni diventano per la prima volta protagoniste nelle civiltà europee. Si afferma in questi anni il mito della giovinezza, ma al di là di immagini apparentemente tranquillizzanti, si agitano tra i giovani inquietudini che una nuova cultura sta cercando di far emergere in superficie. Alla fine della Prima Guerra Mondiale, per coloro che avevano un’età compresa tra i diciotto e i trent’anni e conobbero il combattimento al fronte, si parlerà di "generazione perduta". Forse anche questi ragazzi che si esercitano in una bella giornata di sole, vivranno l'esperienza della trincea.

7-1870-1875-Ragazza fotografata in studio  Saigon-StudioPun-Lun-Stampa all'albumina
La fotografia offre la possibilità di gettare lo sguardo su mondi lontani; per gli europei è possibile vedere persone appartenenti a razze diverse da quella bianca e apprendere così usi e costumi nuovi. Insieme all'orientalismo nasce uno stile fotografico che cataloga i soggetti al fine, anche,di erigere barriere tra le diversità razziali. Al seguito delle conquiste coloniali, giungono i fotografi che impiantano i loro studi in città lontane, misteriose e sino ad ora conosciute solo da pochissimi viaggiatori. Ma insieme ai fotografi europei nascono anche studi fotografici di proprietà di indigeni che imparano il nuovo mestiere di fabbricare il ritratto della gente in milioni di copie. L'immagine di questa ragazza vietnamita fa parte di un fondo di fotografie eseguito all'epoca della conquista dell'Indocina da parte dei francesi. Molto spesso queste fotografie vengono riprodotte attraverso la tecnica litografica sulle riviste europee, le gravures contribuiscono ad allargare gli orizzonti ed ad unificare i popoli del pianeta: è un processo culturale che non si è mai fermato.

8-1889-Donna in costume da orientale--Anonimo-
                              Stampa all'albumina
Apprendiamo da un altra fotografia in cui questa signora è ripresta in primo piano, contenuta, come questa, in un  album di provenienza svizzera, che il suo nome era Denis Arborio Gattinara; venne fotografata a Lucerna il 9 agosto 1889. E' probabile che la fotografia in cui  vediamo Denis in costume orientale, sia stata eseguita nella stessa occasione. Non sappiamo chi sia questa signora, forse un'attrice oppure una cantante. Certamente era una donna che frequentava un certo mondo in cui iniziava non solo a prendere forza la moda dei viaggi verso terre lontane, ad esempio l'Egitto, ma anche di lasciarsi ritrarre abbigliati con costumi diversi da quelli europei. Strettamente collegato all'espansione coloniale e all'arrivo in occidente dell'immagine di popoli soggetti alla dominazione europea, l'orientalismo in fotografia rappresentò anche un tentativo di comprendere cosa c'era al di fuori dell'Europa. Nel momento stesso in cui eserciti e mercanti bianchi conquistavano, e in modo rapidissimo, i tre quarti del globo, attraverso la fotografia i popoli dominati estendevano una certa influenza culturale sui dominatori.

9-1889-Nonna e nipotina accanto all'arcolaio--Anonimo
                                  -Albumina
Questa immagine proveniente dallo stesso album della N° 8, introduce un tema molto importante nella storia della fotografia. Qui non si tratta soltanto di un ritratto in cui compaiono due generazioni, ma c'è anche il tentativo, in questo caso riuscito, di tramandare la memoria di un lavoro da sempre appannaggio delle donne e all'origine di alcuni miti dell'antichità. Il lavoro della filatura all'arcolaio è mostrato attraverso lo strumento messo ben in primo piano, è la donna anziana che passa alla bambina una memoria storica della condizione femminile ed anche della sua vita. La fotografia ha svolto un ruolo fondamentale negli studi sulla memoria collettiva, e non solo in quanto mezzo per la conservazione di eventi pubblici e privati, ma anche perché ha trasmesso sino ai nostri giorni l'immagine di oggetti di cui si sarebbe irrimediabilmente persa la memoria. Il lavoro e la ricerca sulla memoria a livello universitario si affermano nel Novecento, con la scuola francese della rivista Les Annales diretta da Marc Bloch e Henri Lefevbre. L'immagine e quella fotografica in particolare, ha trovato in questo lavoro di ricerca vasta applicazione.

10-1916/17-Tre soldati francesi fotografati
                                              in un ospedale di Lione-Anonimo-
                                              Stampa al bromuro d'argento
Questa fotografia eseguita da un medico e contenuta in un album che documenta la permanenza di soldati feriti e mutilati in uno dei grandi ospedali militari di Lione, forse si tratta dell’ Hotel Dieu, esprime il lato oscuro dell'immagine fotografica: l’esplicitarsi, senza mezzi termini, della sofferenza. La guerra, e la Prima Guerra Mondiale in particolare, fu il grande motore per cui la fotografia si affermò per testimoniare la verità. In questa immagine così cruda, non c'è alcun autocompiacimento; i tre giovani hanno perso una gamba ed hanno sul petto le medaglie che si sono conquistati al prezzo di una mutilazione nel loro corpo. La verità delle ferite, delle medaglie, dei volti che ci guardano diretti, sono un'accusa verso ogni guerra. Li vediamo in carne ed ossa; la sofferenza della guerra non è più rappresentata attraverso l'elaborazione intellettuale del pittore o del disegnatore che deve raccontare l'avvenimento bellico per un pubblico di lettori affamato di notizie. La verità è sotto i nostri occhi, con queste mani poggiate sulle spalle per sostenersi l'un l'altro nella vita che verrà e in cui bisognerà affrontare un'altra guerra: quella per sopravvivere. Questa immagine è anche la testimonianza di un sentimento profondo che legò fra loro i soldati di tutte le nazioni che avevano combattuto sui campi di battaglia europei tra il 1914 e il 1918.


sabato 5 febbraio 2011

Fotografia & Società 1° Parte

Questo è il primo capitolo di un album fotografico composto da 30 fotografie e diviso in 4 parti, in cui si cerca di mettere in relazione sguardi fotografici più o meno anonimi, con fenomeni sociali e letterari che modificano la percezione culturale degli eventi nel corso della seconta metà del Diciannovesimo secolo e nella prima del Ventesimo: la scoperta del paesaggio glaciale, il matrimonio, la condizione operaia, il distacco dalla famiglia, la fine di un'epoca.
1-1929-Turisti sulla Mer-de-glace-anonimo-bromuro d'argento
Questa fotografia fissa uno dei momenti più significativi di una vacanza compiuta a Montanvers per visitare la famosa Mer-de-glace, meta di ogni escursione che si rispetti per chi viene a visitare Chamonix e il Monte Bianco. Mentre il personaggio sulla sinistra, forse una guida, sembra allontanarsi per uscire dall'inquadratura, il gruppo si ferma per posare con alle spalle le immense onde di ghiaccio che hanno affascinato poeti e alpinisti. Lo sguardo del fotografo,  con questa inquadratura, riesce a collocare le figure in modo che risultino sovrastate dalla natura selvaggia e ostile del paesaggio alpino. Un simile sguardo fotografico percorre sentieri già esplorati nella storia della fotografia ottocentesca, la Mer-de-glace è il luogo in cui il rapporto tra l'uomo e la montagna è stato già mostrato sin dagli esordi dello sguardo fotografico, al fine di superare la semplice rappresentazione per motivi geografici o di documentazione alpinistica.

2-1865-1870 ritratto di giovane donna con le mani incrociate-Studio Bayard & Bartall, stampa all'albumina
Eseguito forse in occasione del matrimonio, questo ritratto di giovane donna appare differente da  altri in formato carte de visite. La posizione del corpo leggermente inclinata e le mani incrociate, rompono la staticità tipica della fotografia in studio di metà Ottocento. Il fotografo ha anche posto alle spalle della donna un quadretto che, pur non entrando completamente nell'inquadratura, rende più varia l'uniformità dello sfondo. La riproduzione pittorica di un paesaggio è appena distinguibile e sembra aver la funzione di trasportare il soggetto fuori dallo studio, per inserirlo in un ambiente naturale che sta oltre la stanza chiusa in cui si costruisce un oggetto, la fotografia, destinato a ricordare la giovinezza. L'espressione del volto e lo sguardo intenso sorprendono per la gravità; l'assenza del sorriso, comune ai ritratti su carte de visite, contribuisce ad accentuare il senso di assunzione di responsabilità e consapevolezza dei doveri che la ragazza sta per compiere.

 3-1929-Operai presso una fornace-anonimo-bromuro d'argento
Appartenente allo stesso fondo fotografico da cui proviene la fotografia sulla Mer-de-glace (N°1), questa immagine documenta il lavoro. Il protagonista della fotografia, il suo centro, è il fuoco. Attraverso la luce emessa dal forno possiamo distinguere le figure di due operai dai lunghi baffi; il terzo in controluce, quasi scompare nell'intenso bagliore sprigionato dalla fornace ed assume una dimensione fantasmatica. Questi operai lavorano senza alcuna protezione e il fotografo, forse il proprietario della fabbrica, non si è assolutamente preoccupato di lasciare una testimonianza sulla dura condizione operaia alla fine degli anni venti.

 4-Inizio del Ventesimo secolo-Sequenza con gruppo famigliare-Anonimo-bromuro d'argento

Questa sequenza fotografica venne eseguita, forse, in occasione del matrimonio o della laurea del giovane con la farfalla bianca e che vediamo nell'immagine centrale. Il fotografo scelse di porre la sua macchina fotografica al di fuori della casa cercando di utilizzare la luce naturale del giorno. La ringhiera sembra delimitare un territorio interiore: il giovane sta per lasciare la casa paterna e sa che lo aspetta una vita diversa. La ringhiera che idealmente dovrà superare, lo separa, e in qualche modo lo protegge, dalla vita al di fuori della casa paterna. Gli arabeschi di ferro battuto formano una linea di congiunzione ottica in questa piccola storia costruita con l'immagine; la figura della madre,  posta sullo sfondo nella seconda e nella terza fotografia, sembra sorvegliare il passaggio tra le generazioni e diffonde tranquillità sull'evento che sta per compiersi.

5-Ufficiale-1904-StudioJ.F.Langhans-Praga-bromuro d'argento
Il ritratto evoca i romanzi di Joseph Roth sulla fine dell'Impero Austroungarico. Il protagonista delle storie raccontate in "La cripta dei cappuccini" e "La marcia di Radetzki", il giovane Trotta, potrebbe somigliare all'ufficiale di cui il fotografo ha sfumato i contorni del ritratto. In un mondo regolato da leggi severe in apparenza, ma largamente violate, la casta militare rappresentava un sostegno insostituibile per i valori di civiltà che l'impero multietnico pretendeva di incarnare. Il triste volto del giovane sembra osservarci da una lontananza incolmabile. Dieci anni dopo, con l'inizio della Prima Guerra Mondiale, le certezze che il ritratto vorrebbe esprimere nella perfezione della divisa, nell'elsa della sciabola e nei guanti bianchi, si perderanno per sempre.

mercoledì 2 febbraio 2011

Gli album fotografici

L’album fotografico proveniente da un passato che dista più o meno 150 anni dai nostri giorni e reperibile sul mercato dell’antiquariato o delle pulci, è una delle maggiori fonti di ricerca per comprendere il significato della fotografia nella società moderna e contemporanea.
Studi e ricerche vengono compiuti sugli album fotografici, con particolare riferimento alla fotografia di famiglia; il filosofo e storico della fotografia Walter Benjamin con molta ironia descriveva l’album fotografico della sua famiglia.

"Era l'epoca in cui gli album fotografici cominciavano a riempirsi. Si trovavano abitualmente nei punti più squallidi delle abitazioni, sulle consolle e sui tavolini dei salotti: rilegature di cuoio con orrendi ornamenti in metallo, i fogli con un bordo d'oro largo un dito, su cui si esibivano personaggi buffamente drappeggiati o inguainati- lo zio Giuseppe e la zia Peppa, la Giuseppina quando era piccola, il papà quando faceva il primo semestre universitario - e finalmente, a compir l'opera, noi in carne ed ossa; travestiti da tirolesi intenti a vociare jodel, ad agitare il cappello verso ghiacciai dipinti, oppure vestiti alla marinara, la gamba destra rigida, l'altra rilassata e incrociata alla prima, appoggiati come si deve a una lucente colonnina."[1]

Il brano con cui Walter Benjamin racconta il suo album famigliare, ci introduce in un ambiente assolutamente diverso da quello in cui siamo abituati a vivere.

Album famigliare di origine francese, anni 1860-1870 

L’album di Benjamin evoca persone che vestivano abiti scomodi, pesanti e che rendevano le persone goffe e insicure nei loro movimenti, case arredate con un numero innumerevole di soprammobili (tra cui anche le fotografie, ricordiamo i dagherrotipi di Guido Gozzano in Il salotto di nonna Speranza): è un modo che sembra molto lontano.
L’album fotografico è strettamente connesso con due momenti dell’attività umana: la rappresentazione della famiglia e  il viaggio o la vacanza.
Un maggior tenore di vita della media borghesia e l’ampliarsi del ceto medio, producono più momenti all’interno di una famiglia degni di essere fotografati e situazioni di svago che vogliono essere ricordate per sempre. Da queste due categorie discendono altre sottocategorie, ad esempio una raccolta di immagini riguardanti le piante e i fiori presenti in un giardino oppure oggetti collezionati da un membro della famiglia. Spesso album-catalogo di questo tipo si rivelano fonti straordinarie di informazione scientifica e autocelebrazione sociale.

Una famiglia ritratta nello Studio fotografico di Jean Garneri, Baluardo di Gesso, Cuneo, tra il 1870 e il 1880 e un'altra famiglia sulla spiaggia della costa belga della Manica, all'inizio del Novecento 

Ma gli album non giungono sino a noi nello stato in cui vennero confezionati dai proprietari, spesso alcune fotografie mancano, oppure sono state sostituite da altre per completare l’album e poterlo vendere ad un costo maggiore. A tutto ciò si deve aggiungere che non sempre alle fotografie o ai momenti di vita fissati dalla fotocamera, vennero aggiunte didascalie che rendessero individuabile il personaggio o la situazione e il luogo. Per questo gli album sono anche un grande deposito di volti anonimi, anche se nella maggior parte dei casi è possibile sapere qual è lo studio fotografico in cui venne realizzata la fotografia e la città.
La carte de visite, il modo di fotografare e diffondere la fotografia inventato da Eugene Disderi che rese possibile al nuovo media di ampliarsi sino a giungere in quasi tutti gli angoli della Terra, è una delle fonti più importanti per l’analisi che intendiamo compiere.

Studio Eugene Disderi, anonima signora francese, albumina, 1860-1870. Disderi con l'invenzione della carte de visite divenne ricchissimo, ma morì in estrema povertà. La carte de visite diede a chiunque la possibilità di possedere una propria fotografia e per questo rappresenta un vero e proprio salto culturale nella storia dell'umanità. 

La carte de visite era un cartoncino su quale veniva incollato un ritratto fotografico eseguito a figura intera o in primo piano, sul retro era stampato il marchio dello studio fotografico. In questo modo la fotografia, da esperimento scientifico praticato da appartenenti alle classi colte  o privilegiate, diventava oggetto di scambio per stabilire amicizie, far conoscere futuri mariti e mogli, identificare persone, anticipando in questo modo la moderna carta di identità.




Studio Alessandro Duroni, Milano, anonimo italiano, albumina, anni 1860-1870. Alessandro Duroni fu uno degli iniziatori della fotografia in Italia, oltre allo studio di Milano, ne aprì uno anche a Parigi in Rue Vivienne 12

Dopo un primo momento in cui anche con la carte de visite i fotografi cercarono i ricostruire ambienti classici (la colonna di cui parla ache W. Benjamin) si passò ben presto a forme standardizzate in cui milioni di volti diventavano tutti simili fra loro: tutti fotografabili, tutti uguali. La carte de visite fu uno degli strumenti che favorì la  nascita della società di massa. 









Retro di una carte de visite francese utilizzata per accedere alla visita del Parco di Campo di Marte, dei Giardini e dell'Esposizione agricola di Billancourt 


Album fotografici contengono esclusivamente fotografie di viaggio o delle vacanze; se  si individua il luogo in cui le immagini vennero eseguite, è possibile ricostruire anche la storia di un paesaggio e di coloro che lo abitavano. Vedremo più avanti un album realizzato in Spagna nel 1934 da alcuni turisti francesi, del tutto anonimi,  che mostra campagne e città spagnole alla vigilia della guerra civile.
Singole fotografie recano sul retro dediche dalle quali è possibile comprendere l’universo culturale che accompagnava e motivava il dono di un’immagine ad un’altra persona.
Studio E. Di Chanaz, Torino, la giovane donna invia una sua carte de visite ad una persona lontana, accompagnadola con il messaggio "Eccoti finalmente la mia cara immagine. Addio." 






Distruggere un album fotografico, disperdendo le fotografie nei quattro angoli della Terra, può essere paragonato ad un moderno incendio della Biblioteca di Alessandria.  




[1] W. Benjamin, L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica, Piccola storia della fotografia, pag. 66, Einaudi, Torino, 1966