domenica 17 luglio 2011

La fotografia e le vacanze

Miliardi di fotografie sono state e vengono eseguite nel corso delle vacanze.
Andare in vacanza e non fotografare sembra ai più una stranezza: se la vacanza è evasione dalla vita normale, è anche occasione per stare insieme a parenti o amici. E per ricordare questi momenti, il modo migliore è fotografarli.
Album Rosso, ottobre 1904, nei pressi di Tolone

Si cominciò a fotografare le vacanze quando fu possibile andare in vacanza. L’idea di fermarsi un giorno, due, una settimana, di inserire una pausa tra se e il lavoro, si fece strada con l’ampliarsi della classe media e l’aumento di reddito delle famiglie. Avere più soldi a disposizione comportava la possibilità di acquistare beni di utilità non immediata, la macchina fotografica era uno di questi.
E’ un luogo comune ritenere che le fotografie eseguite nel corso delle vacanze siano banali e ripetitive, chi fotografa lo fa per ricordare attimi di vita: una gita in montagna, i bambini al mare, un gruppo di amici in posa davanti a un paesaggio o un monumento, ecc.
Album Rosso, agosto 1903, escursione al Ghiacciaio della Grande Casse

L’improvvisato fotografo prende tra le mani la fotocamera solo in occasione delle vacanze e la lascia  in un cassetto per il resto dell’anno. Il più delle volte non possiede alcuna conoscenza di tecnica fotografica, è sprovvisto di sensibilità artistica ed è contento quando i progressi della tecnologia consentono l’uso di macchine che risolvono da sole problemi di diaframma e tempi di posa. L’avvento del digitale in fotografia ha permesso l’esecuzione di centinaia di scatti nel corso di una giornata: si vedrà in futuro cosa fare di queste immagini,  ma…
Il sottile gioco della fotografia come “buco della serratura”, il ritrovarsi insieme agli altri, vedere cose nuove o ritornare in luoghi che suscitano ricordi, stimola una sensibilità in noi latente.
 Album Rosso, Aiguilles Sommet de Bucherel, agosto 1904

Può accadere che involontariamente si ottengano fotografie che nel taglio e nella composizione, si avvicinino a quelle di chi della fotografia ha fatto il mestiere della sua vita oppure a coloro che scelgono la fotografia per esprimere in modo coerente e continuo la propria sensibilità artistica.
          Album Rosso, La Grande Casse, agosto 1903

Spontaneamente il dilettante vacanziero crea fotografie diverse, e non solo per il valore di ricordo o bellezza formale, ma anche per quello di documento per la ricostruzione di un’epoca e di un certo clima culturale. Fotografie eseguite senza alcun progetto e che raccontano il mondo contadino, il lavoro oppure i riti della morte, sono oggetto oggi di studi approfonditi, di mostre e convegni ad alto livello. E attorno a tutto questo, si muovono interessi enormi legati alla proprietà delle fotografie e ai diritti d’autore, un giro d’affari che riguarda l’editoria, l’industria turistica e quella  culturale.
Le fotografie eseguite nel corso delle vacanze vengono conservate nei modi più diversi, spesso sono contenute in album sfogliati con la curiosità di vedere come si era stati bene solo la passata stagione o quando la gioventù prometteva una vita intera di felicità. Ma le fotografie sono anche una superficie opaca che cela il dolore, l’invidia, i risentimenti, il tradimento.
Quante coppie fotografate sono state felici?
Quanti gruppi di giovani fotografati, hanno visto uno o più componenti lasciare la vita pochi anni dopo quello o quell’altro scatto dell’otturatore?
Quante amicizie si sono spezzate dopo o mentre veniva eseguita una fotografia che ritraeva insieme alcune persone?
Quante antipatie si celano dietro queste fotografie?
Quando due fidanzati si lasciano o una coppia si divide definitivamente, una delle cose che vengono quasi subito sacrificate nel fuoco sono proprio le fotografie, traccia e ombra di ricordi  e illusioni. Distruggendo la fotografia si cerca di eliminare dalla propria vita l’altro/a chi ti ha deluso, offeso, tradito.
A meno che le immagini non appartengano al proprio archivio famigliare, rispondere alle domande che ponevamo sopra è difficile se non impossibile.
                 Album Rosso, Auteil estate 1904, al tennis

Gli album o gruppi di fotografie tenute insieme con un semplice cordino, non contengono spesso alcuna indicazione dei luoghi o delle persone.
E’ una fortuna trovare album in cui sono indicate date, luoghi e nomi.
Un album acquistato nel grande mercato delle pulci di Lione e che chiamiamo “rosso” per il semplice fatto di avere la copertina in tela cerata di color rosso, ci permette di ricostruire diversi momenti della vita di un gruppo di persone appartenenti a quella classe media in espansione che aveva imparato ad usare la macchina fotografica in modo intelligente. L’album è composto da 100 pagine e le date delle didascalie vanno dal 1903 al 1908, le fotografie  non riguardano solo immagini eseguite nel corso delle vacanze: c’è il servizio militare, il matrimonio, gli interni di case borghesi piene di oggetti e in cui le persone sembrano vivere fiduciose in una tranquillità che durerà per sempre, alcuni ritratti femminili e maschili.
Album Rosso, agosto 1903, al tennis (forse Pralognan). Sul retro di questa fotografia abbiamo trovato la seguente dedica: Un joli miroir sous un panama. Deux oeils peu serieux, qui feront mieux, une autre fois, de ne plus regarder mon objectif. 

Il fotografo non ritrae solo le persone, ma anche il paesaggio: è un fatto importante e indicativo di una sensibilità più complessa. Chi ha fotografato, questo personaggio che per noi non avrà mai volto ed è il grande “mistero” di tutta la storia che cercheremo di raccontare, intendeva fissare per sempre lo stupore provato nel vedere un certo luogo o spettacolo della natura. Questo stupore, un fatto psichico e visivo, si traduceva nel bisogno di fotografare, ossia ricordare un’emozione non solo con la memoria, bene che si può anche perdere, ma  con un oggetto tattile, materico e che è possibile conservare e lasciare in eredità: la lastra sensibile alla luce.
Il “fotografo misterioso”, personaggio che attraversa interamente questo lavoro, merita più attenzione.
Poco si è scritto nella storie della fotografia delle tante riviste fotografiche che sorsero quando si passò dalla fotografia di èlite a quella di massa. Le case produttrici di fotocamere e di materiale sensibile pubblicarono opuscoli e manuali che consentivano di imparare a fotografare e a  completare, con lo sviluppo e la  stampa, l’intero  processo produttivo di una fotografia. 


Un manuale fotografico pubblicato dalla ditta tedesca Gevaert negli anni venti del Ventesimo secolo


Quest’opera pedagogica portò alla rivelazione di veri e propri talenti che quando iniziarono a fotografare avevano a disposizione esempi offerti dalle riviste e potevano imparare a “copiare” in modo intelligente. In questo processo di imitazione si sperimentavano linguaggi nuovi, si utilizzavano tecniche innovative e d’avanguardia, venivano superati vecchi preconcetti e si fondava un’idea della fotografia come campo “autonomo” della sensibilità.
Il “fotografo misterioso” dell’album “rosso” non crediamo sia diventato fotografo professionista, ma applicò tecnica appresa da altri a cui unì sensibilità personale per produrre alcune immagini che potrebbero essere messe a confronto con altre che hanno segnato la storia della fotografia. D’altra parte alcuni grandi fotografi divennero professionisti per caso oppure per aver iniziato a fotografare appena adolescenti in seguito al regalo da parte dei genitori di una macchina fotografica, forse quella Kodak prodotta per un pubblico giovanile che sentiva nell’aria il vento della “velocità”.

il fotografo misterioso” dell’album “rosso” possiede una visione dell’inquadratura e presta un’attenzione alla luce che fa diventare una semplice scena di vita militare o una partita a tennis fra due ragazze, momenti unici colmi di solitudine, complicità, voglia di vivere di una gioventù che tra qualche anno dovrà affrontare la dura prova della Prima Guerra Mondiale.
Album Rosso, scena di vita militare, anno e località imprecisate

 Parigi 1906, partita a tennis


Parigi 1906, due scene di interno borghese

Nelle fotografie dell’album “rosso” c’è un altro protagonista dei tempi moderni che l’Europa sta vivendo all’inizio del secolo, l’automobile. L’autore, appassionato di automobilismo e forse anche lui pilota, ritrae alcune gare e fissa con lo scatto momenti che ci restituiscono una delle mitologie culturali di quell’epoca: l’azzeramento del tempo e dello spazio attraverso il carro di fuoco. La velocità della corsa automobilistica è unita alla visione dei progressi tecnici che consentono alle automobili da corsa di superare ostacoli costituiti da strade polverose ed inadatte,  di riparare in pochi minuti i guasti meccanici per riprendere la gara.
Album Rosso, corsa automobilistica, Ballon d’Alsace, 26 luglio 1908

L’album si apre con una serie di fotografie eseguite in montagna nel corso di alcune escursioni invernali, il fotografo riprende le diverse fasi dell’ascensione e si sofferma a fissare il paesaggio del Colle della Grande Casse, nei pressi di Pralognan.
C’è in queste visioni di montagna un aspetto comune a tutti coloro che a quel tempo andavano sulle vette e che ancora oggi ci vanno, quello della grande fascinazione di spazi aperti e inesplorati. Insieme a questo, il nostro fotografo misterioso colloca i protagonisti delle ascensioni all’interno di un paesaggio che è la misura della piccolezza umana dinnanzi alla vastità e la forza della natura.
            Album Rosso, la Grande Casse, luglio 1902

Si stavano creando in quell’epoca i presupposti di una fotografia naturalistica e di paesaggio montano che avrebbe visto, solo pochi anni dopo, l’affermarsi negli Stati Uniti d’America e in particolare nei grandi parchi e canyons della California, di uno stile  fotografico che con personaggi come Ansel Adams ed Edward Weston avrebbe fornito  esempi tutt’oggi validi e forse non ancora superati.