domenica 13 gennaio 2013

Il lavoro fotografato seconda parte Commercianti



Nella seconda parte di questa serie di post abbiamo scelto alcune fotografie che riguardano il lavoro di chi vende merci e servizi. Mostriamo luoghi lontani dall'Europa perché il commercio nasce con tutte le civiltà ed è anche il modo in cui si diffondono culture e religioni. Le immagini che presentiamo vennero eseguite o per mostrare luoghi in cui si svolgeva il lavoro, è il caso del negozio di Rouen o del grande caffè berlinese, oppure per documentare modi arcaici di lavorare. Queste ultime erano eseguite da viaggiatori europei che volevano portarsi a casa immagini esotiche di terre in cui il modo di vivere era rimasto ad un livello più antico di quello che si era affermato nelle nazioni industrializzate. In modo inconsapevole i fotografi, anonimi turisti, ci riportano a un mondo lontano in cui anche in Europa si vendeva l'acqua e si organizzavano carovane per raggiungere fiere e mercati medievali.
Il mercato di Sora, anonimo francese, 1909
Turisti francesi durante un loro viaggio in Italia si fermano nel paese di Sora, in Ciociaria (basso Lazio), ed eseguono una serie di fotografie visitando il mercato. L'attenzione si concentra sui costumi della gente, contadini che sono venuti al mercato per vendere i prodotti della terra. Fissano in questo modo i costumi delle persone: un modo di vestire che non era cambiato da secoli. Queste due fotografie oltre a costituire un documento dell'attività lavorativa di chi vende, sono anche lo strumento che ci consente di vedere costumi che oggi possiamo osservare visitando i musei delle tradizioni popolari di tante regioni d'Europa.
Allevatori alla fiera del bestiame di Saint Louis, 1904, Underwood &Underwood

Questa fotografia, tratta da una stereoscopia, getta lo sguardo su un momento del commercio del bestiame negli USA. Nel 1904 già molti europei pensano che la potenza economica degli  Stati Uniti d'America diventerà la più forte del mondo industrializzato e questo fatto sarà confermato nei decenni seguenti. Una fotografia di questo tipo, confezionata appositamente per i turisti, ha lo scopo di propagandare un momento importante del lavoro degli americani che sono già tra i più grandi produttori di carne. Allo stesso tempo l'immagine offre uno dei segni distintivi della società americana dopo la conquista dell'ovest e l'unificazione del mercato interno.
Famiglia di pescatori ritratta in studio fotografico con il costume tradizionale. Studio Heinz Zobler, Germania, 1900-1910
Qui siamo di fronte a una fotografia di genere che mostra il lavoro di una famiglia. Sullo sfondo c'è il mare, elemento in cui si svolge l'attività famigliare, in primo piano la rete, strumento per la cattura dei pesci. Luogo di lavoro e strumento di lavoro sono gli elementi che definiscono l'attività di queste tre persone che per l'occasione hanno indossato il costume tradizionale, distinguendosi in questo modo da altre attività lavorative.
Marocco, arrivo di una carovana proveniente dal deserto, anonimo francese, da un album del 1934
Questa immagine ci riporta all'inizio della storia, sullo sfondo di un paesaggio desertico si muovono i componenti di una carovana che giungono da terre lontane. Al centro della fotografia il cammello, quadrupede che come il cavallo ha consentito di attraversare luoghi in cui la vita è molto difficile. Questa carovana trasporta spezie, acqua, stoffe e manufatti artigianali per approvvigionare le città della costa. Insieme alle merci giungevano le persone e questo fatto consentiva di scambiare idee e informazioni. E' con carovane come questa che il sapere e i miti si sono diffusi sulla Terra.
Barcaioli sul Nilo, Abu Simbel, 1904, Underwood & Underwood
Tipica immagine ad uso e consumo del turismo internazionale interessato a visitare l'Egitto dei Faraoni, questa fotografia tratta da una stereoscopia, consente, come quella precedente, di osservare un'attività lavorativa che da sempre si era svolta lungo le rive del Nilo. La barca, i barcaioli e il grande monumento scavato nella montagna  sono l'immagine dell'Egitto che gli europei e gli americani in grado di permettersi una vacanza del genere, vogliono vedere.
Portatore d'acqua, anonimo francese, 1870-1880, stampa all'albumina
Al tempo della colonizzazione francese dell'Indocina un collezionista di immagini raccolse in un album una serie di fotografie su gli usi e costumi del popolo vietnamita. I personaggi con i loro strumenti di lavoro vennero fotografati in studio più o meno tutti nella stessa posizione. Era questo il modo per classificare le persone appartenenti a popoli lontani che gli europei imparavano a conoscere e che intendevano dominare. Il portatore d'acqua indocinese non era un personaggio tanto diverso da altri portatori europei che svolgevano il loro mestiere in tante contrade d'Europa ancora lontane dallo sviluppo industriale.
L'attività commerciale delle città è rappresentato dalle tre fotografie seguenti. Il negozio di generi diversi, in cui si vende tutto, dal pane ai chiodi, il ristorante in cui l'attività centrale è svolta da chi lavora in cucina, la birreria, luogo di incontro e in cui lavora la sterminata massa di camerieri che popola le città europee. Sono i segni di un mondo divenuto ormai moderno e in cui, con le dovute differenze, ancora oggi noi viviamo.
Negozio di Rouen, anonimo francese, 1900-1910
Le proprietarie o le inservienti del negozio sono fotografate sulla soglia del luogo in cui svolgono la loro attività. E' il tipico modo con cui si fotografavano i negozi all'inizio del XX° secolo.
Cuochi e personale di un ristorante francese, anni venti, anonimo
Donne e uomini fotografati in gruppo, molti di essi indossano il loro abito da lavoro. Forse la fotografia è stata eseguita in occasione di un importante anniversario.
Il personale della birreria Kroll's Garden di Berlino, 1905, H. C. White Co
In un momento di sosta i lavoratori di questo luogo di ritrovo berlinese posano per una fotografia all'aperto. Tratta da una stereoscopia, l'immagine mostra un angolo d'Europa tipico degli anni che precedono la Prima Guerra Mondiale. La calma e la compostezza di questa immagine e dei personaggi in essa rappresentati, nulla fa presagire delle catastrofi che si abbatteranno di lì a poco sulla società europea e, in particolare, su questa città.

sabato 12 gennaio 2013

Il lavoro fotografato


Dopo un lungo periodo di stasi torniamo nuovamente con la pubblicazione di fotografie che riguardano argomenti specifici. Iniziamo con un tema oggi molto attuale: il lavoro.
Nella storia della fotografia il tema del lavoro è stato centrale.
Fotografare un uomo e una donna che lavorano, significava assegnare alla persona un suo ruolo nella società e il lavoratore veniva fotografato spesso insieme al suo strumento di lavoro.
Lo strumento di lavoro inserito nell’immagine era il modo di conferire una qualità e un’identificazione del personaggio rappresentato.
Molto importante era il luogo in cui la persona lavorava, in questo senso le fotografie di persone al lavoro rivestono oggi un’importanza non solo di carattere antropologico, ma anche un valore di documento per la ricerca su antichi mestieri e luoghi che ci consentono di ricostruire la storia economica di una data società in un certo periodo dell’epoca moderna e contemporanea. La fotografia, sin dai suoi esordi, non poté fare a meno di documentare  la condizione del lavoratore, un fatto che oggi ci permette di ricostruire epoche in cui la durezza della fatica si accompagnava ad ambienti malsani e sprovvisti di qualunque sicurezza.
L’anonimato delle persone fotografate che compaiono nei tanti album o in archivi famigliari, si attutiva in virtù del fatto che qualcuno era fotografato insieme ad un oggetto usato per lavorare: non conosciamo il suo nome, ma possiamo intuire cosa faceva nella vita.
Il ritratto fotografico si distingueva così dalla riproduzione del volto e della figura tramandata nel tempo sulla “carte de visite”, da conservare per la memoria della famiglia o di un gruppo di persone.
Il ritratto singolo e di gruppo o il luogo in cui si svolgeva il lavoro, era un modo per documentare e ricordare la collocazione dell’individuo nella società del proprio tempo. In questo modo le fotografie del lavoro acquisiscono un valore di documento di grande rilevanza per ricostruire la storia delle società umane nell’epoca dello sviluppo tecnologico e dell’espansione industriale.
Ciò che non appare nelle fotografie che presentiamo è lo sfruttamento dell’uomo lavoratore; è stato scritto molte volte che la fotografia è un documento ambiguo in cui si fondono insieme verità e travestimento. Per comprendere un interno famigliare è necessario andare oltre i volti della famiglia fotografata: osservare gli abiti, la collocazione dei coniugi e il ruolo dei figli nella composizione dell’inquadratura.
Lo stesso approccio può essere utilizzato per il lavoro fotografato, accompagnando una fotografia di lavoratori ad altri tipi di documentazione: relazioni industriali, articoli giornalistici, la letteratura, in particolare quella a sfondo sociale. Il lavoro fotografato non presenta sempre le persone nella compostezza assunta all’interno dello studio fotografico e dettata dalle esigenze dell’illuminazione e dell’inquadratura decise dal fotografo. La fotografia del lavoro fotografato si sforza anche di presentare un’immagine meno totalizzante dell’essere umano: il lavoro infatti è un momento della vita che può essere ricordato con uno scatto dell’otturatore. E’ con la fotografia del lavoro e dell’uomo lavoratore che si afferma lentamente un nuovo modo di raccontare la vita.
Il lavoro femminile
Cameriere, Studio Gershel, Nancy, 1895-1900

Ricamatrici e venditrici di cuscini, anonimo italiano, Valle d’Aosta, 1920-1930

Ricamatrice, anonimo francese, 1910-1920

Sarte, anonimo francese, 1900-1910

Cappellaie, anonimo francese, 1900-1910



Gli esempi che presentiamo si riferiscono a lavori tipicamente femminili nell’epoca compresa tra la fine del XIX° e l’inizio del XX° secolo. La donna è ancora prevalentemente relegata in casa o in atelier in cui svolge il lavoro di modista, è difficile trovare fotografie di operaie o impiegate; la donna fotografata è la governante o la bambinaia. Le fotografie di queste donne s’inseriscono negli album famigliari perché sono considerate parte della famiglia. La Prima Guerra Mondiale porterà le donne fuori dalle mura domestiche e cominceranno ad apparire sulle riviste illustrate donne ritratte in una dimensione più vasta che è quella della fabbrica o dell’ospedale militare.






martedì 1 novembre 2011

Stereoscopie

Andare lontano.
I ricercatori e gli studiosi che si sono occupati di storia della tecnica fotografica, indicano nel tipo di stereoscopia che proponiamo per un’analisi più dettagliata, un’origine risalente agli anni cinquanta e sessanta del XIX° secolo.
La stereoscopia è costruita attraverso due esposizioni fotografiche dello stesso luogo, eseguite a brevissima distanza l’una dall’altra e cercando di mantenere l’identica inquadratura. Siamo in Germania e si tratta del viadotto ferroviario di Lemming.
Le due fotografie più o meno identiche, si montavano una accanto all’altra su un cartoncino e venivano inserite in un visore stereoscopico che munito di specchi, dava all’osservatore una visione bioculare e restituiva l’effetto di profondità.
1852, apparecchio stereoscopico, dalla rivista Musée des familles
La stampa è all’albumina e la stereoscopia del viadotto di Lemming, venne prodotta a Parigi dallo studio di H. Guérard, sito nei pressi della Colonnade du Louvre, in Rue de Rivoli 15. H. Guérard fabbricava anche visori stereoscopici.
Viadotto ferroviario di Lemming, Germania, Studio Guérard, Parigi, 1855-1860
Apparentemente si tratta di un paesaggio montuoso, deserto e profondamente modificato dall’opera dell’uomo. E’ assente il protagonista di una rivoluzione che a quel tempo stava cambiando il mondo: il treno. Ma se  poniamo questo cartoncino contro una fonte di luce sufficientemente intensa assistiamo ad una trasformazione.
Viadotto ferroviario di Lemming, Germania, Studio Guerard, Parigi, 1855-1860, visione stereoscopica
Il paesaggio, come possiamo vedere, diventa notturno ed è illuminato dalla Luna: il treno corre verso di noi per trasportare persone e cose da una all’altra parte d’Europa.
Particolare, lato destro

Un foglio di carta velina opportunamente colorato è stato posto dietro l’altro foglio di carta all’albumina, molto sottile e sulla quale è stata stampata l’immagine. Assistiamo in questo modo ad un’operazione luministica e di sapore  metafisico: la riproduzione di un luogo deserto e che ci rimanda la sensazione di attesa per qualcosa che accadrà, se inserita in un visore stereoscopico e osservata in casa propria, può mutarsi in un paesaggio assolutamente fantastico con un treno che corre nella notte fra alte montagne. Le supera e modifica i concetti di tempo, spazio e luogo.
Allo spettatore viene fornita una visione delle montagne rese magiche dalla Luna e attraversate da una macchina che è anch’essa portatrice di luce e quindi di progresso.
Non è solo il tentativo di dare colore ad un paesaggio che la tecnologia fotografica dell’epoca restituiva piatto ed uniforme, ma anche quello di costruire una storia che ci porterò lontano.
La stereoscopia fu uno dei tanti tentativi ideati dall’uomo di viaggiare con la fantasia e questa volta utilizzando la riproduzione meccanica del mondo circostante. La messa in opera dell’artificio che abbiano appena descritto contraddice però la visione che i positivisti ebbero della fotografia: la riproduzione del reale nella maniera più esatta. Non è un caso che la fotografia del viadotto ferroviario sia stata eseguita restituendo, a prima vista, la sensazione di vuoto assoluto.
Il vuoto doveva essere riempito a posteriori da un’altra immagine, fabbricata con l’acquerello. Questa combinazione tra riproduzione meccanica e artificio, andava incontro all’aspirazione degli acquirenti di stereoscopie; non solo i turisti dell’epoca volevano portare a casa il ricordo dei luoghi che avevano visitato, ma aspiravano anche ad immaginarli, nel ricordo, sotto una veste assolutamente diversa dall’esperienza direttamente vissuta. Questo tipo di stereoscopia combinava forme moderne di visione (la fotografia) con quelle più antiche, fatte di lanterne magiche ed ombre proiettate su tende e pareti di stanze opportunamente illuminate. C’è nella fotografia stereoscopica del viadotto ferroviario di Lemming, la sopravvivenza di una forma assai popolare di spettacolo nel XIX° secolo: il diorama. La costruzione cioè di paesaggi assolutamente immaginari in cui la luce, opportunamente diretta,  crea visioni di montagne, laghi, città e  mari in tempesta (famoso resta il diorama del Monte Bianco di Daguerre) che debbono suscitare forti emozioni. Con la stereoscopia si anticipava non solo la cartolina illustrata e il moderno documentario, ma il cinema che avrebbe inventato scenografie in cui verità e finzione si fondevano per raccontare storie e far sognare milioni di spettatori.  

domenica 17 luglio 2011

La fotografia e le vacanze

Miliardi di fotografie sono state e vengono eseguite nel corso delle vacanze.
Andare in vacanza e non fotografare sembra ai più una stranezza: se la vacanza è evasione dalla vita normale, è anche occasione per stare insieme a parenti o amici. E per ricordare questi momenti, il modo migliore è fotografarli.
Album Rosso, ottobre 1904, nei pressi di Tolone

Si cominciò a fotografare le vacanze quando fu possibile andare in vacanza. L’idea di fermarsi un giorno, due, una settimana, di inserire una pausa tra se e il lavoro, si fece strada con l’ampliarsi della classe media e l’aumento di reddito delle famiglie. Avere più soldi a disposizione comportava la possibilità di acquistare beni di utilità non immediata, la macchina fotografica era uno di questi.
E’ un luogo comune ritenere che le fotografie eseguite nel corso delle vacanze siano banali e ripetitive, chi fotografa lo fa per ricordare attimi di vita: una gita in montagna, i bambini al mare, un gruppo di amici in posa davanti a un paesaggio o un monumento, ecc.
Album Rosso, agosto 1903, escursione al Ghiacciaio della Grande Casse

L’improvvisato fotografo prende tra le mani la fotocamera solo in occasione delle vacanze e la lascia  in un cassetto per il resto dell’anno. Il più delle volte non possiede alcuna conoscenza di tecnica fotografica, è sprovvisto di sensibilità artistica ed è contento quando i progressi della tecnologia consentono l’uso di macchine che risolvono da sole problemi di diaframma e tempi di posa. L’avvento del digitale in fotografia ha permesso l’esecuzione di centinaia di scatti nel corso di una giornata: si vedrà in futuro cosa fare di queste immagini,  ma…
Il sottile gioco della fotografia come “buco della serratura”, il ritrovarsi insieme agli altri, vedere cose nuove o ritornare in luoghi che suscitano ricordi, stimola una sensibilità in noi latente.
 Album Rosso, Aiguilles Sommet de Bucherel, agosto 1904

Può accadere che involontariamente si ottengano fotografie che nel taglio e nella composizione, si avvicinino a quelle di chi della fotografia ha fatto il mestiere della sua vita oppure a coloro che scelgono la fotografia per esprimere in modo coerente e continuo la propria sensibilità artistica.
          Album Rosso, La Grande Casse, agosto 1903

Spontaneamente il dilettante vacanziero crea fotografie diverse, e non solo per il valore di ricordo o bellezza formale, ma anche per quello di documento per la ricostruzione di un’epoca e di un certo clima culturale. Fotografie eseguite senza alcun progetto e che raccontano il mondo contadino, il lavoro oppure i riti della morte, sono oggetto oggi di studi approfonditi, di mostre e convegni ad alto livello. E attorno a tutto questo, si muovono interessi enormi legati alla proprietà delle fotografie e ai diritti d’autore, un giro d’affari che riguarda l’editoria, l’industria turistica e quella  culturale.
Le fotografie eseguite nel corso delle vacanze vengono conservate nei modi più diversi, spesso sono contenute in album sfogliati con la curiosità di vedere come si era stati bene solo la passata stagione o quando la gioventù prometteva una vita intera di felicità. Ma le fotografie sono anche una superficie opaca che cela il dolore, l’invidia, i risentimenti, il tradimento.
Quante coppie fotografate sono state felici?
Quanti gruppi di giovani fotografati, hanno visto uno o più componenti lasciare la vita pochi anni dopo quello o quell’altro scatto dell’otturatore?
Quante amicizie si sono spezzate dopo o mentre veniva eseguita una fotografia che ritraeva insieme alcune persone?
Quante antipatie si celano dietro queste fotografie?
Quando due fidanzati si lasciano o una coppia si divide definitivamente, una delle cose che vengono quasi subito sacrificate nel fuoco sono proprio le fotografie, traccia e ombra di ricordi  e illusioni. Distruggendo la fotografia si cerca di eliminare dalla propria vita l’altro/a chi ti ha deluso, offeso, tradito.
A meno che le immagini non appartengano al proprio archivio famigliare, rispondere alle domande che ponevamo sopra è difficile se non impossibile.
                 Album Rosso, Auteil estate 1904, al tennis

Gli album o gruppi di fotografie tenute insieme con un semplice cordino, non contengono spesso alcuna indicazione dei luoghi o delle persone.
E’ una fortuna trovare album in cui sono indicate date, luoghi e nomi.
Un album acquistato nel grande mercato delle pulci di Lione e che chiamiamo “rosso” per il semplice fatto di avere la copertina in tela cerata di color rosso, ci permette di ricostruire diversi momenti della vita di un gruppo di persone appartenenti a quella classe media in espansione che aveva imparato ad usare la macchina fotografica in modo intelligente. L’album è composto da 100 pagine e le date delle didascalie vanno dal 1903 al 1908, le fotografie  non riguardano solo immagini eseguite nel corso delle vacanze: c’è il servizio militare, il matrimonio, gli interni di case borghesi piene di oggetti e in cui le persone sembrano vivere fiduciose in una tranquillità che durerà per sempre, alcuni ritratti femminili e maschili.
Album Rosso, agosto 1903, al tennis (forse Pralognan). Sul retro di questa fotografia abbiamo trovato la seguente dedica: Un joli miroir sous un panama. Deux oeils peu serieux, qui feront mieux, une autre fois, de ne plus regarder mon objectif. 

Il fotografo non ritrae solo le persone, ma anche il paesaggio: è un fatto importante e indicativo di una sensibilità più complessa. Chi ha fotografato, questo personaggio che per noi non avrà mai volto ed è il grande “mistero” di tutta la storia che cercheremo di raccontare, intendeva fissare per sempre lo stupore provato nel vedere un certo luogo o spettacolo della natura. Questo stupore, un fatto psichico e visivo, si traduceva nel bisogno di fotografare, ossia ricordare un’emozione non solo con la memoria, bene che si può anche perdere, ma  con un oggetto tattile, materico e che è possibile conservare e lasciare in eredità: la lastra sensibile alla luce.
Il “fotografo misterioso”, personaggio che attraversa interamente questo lavoro, merita più attenzione.
Poco si è scritto nella storie della fotografia delle tante riviste fotografiche che sorsero quando si passò dalla fotografia di èlite a quella di massa. Le case produttrici di fotocamere e di materiale sensibile pubblicarono opuscoli e manuali che consentivano di imparare a fotografare e a  completare, con lo sviluppo e la  stampa, l’intero  processo produttivo di una fotografia. 


Un manuale fotografico pubblicato dalla ditta tedesca Gevaert negli anni venti del Ventesimo secolo


Quest’opera pedagogica portò alla rivelazione di veri e propri talenti che quando iniziarono a fotografare avevano a disposizione esempi offerti dalle riviste e potevano imparare a “copiare” in modo intelligente. In questo processo di imitazione si sperimentavano linguaggi nuovi, si utilizzavano tecniche innovative e d’avanguardia, venivano superati vecchi preconcetti e si fondava un’idea della fotografia come campo “autonomo” della sensibilità.
Il “fotografo misterioso” dell’album “rosso” non crediamo sia diventato fotografo professionista, ma applicò tecnica appresa da altri a cui unì sensibilità personale per produrre alcune immagini che potrebbero essere messe a confronto con altre che hanno segnato la storia della fotografia. D’altra parte alcuni grandi fotografi divennero professionisti per caso oppure per aver iniziato a fotografare appena adolescenti in seguito al regalo da parte dei genitori di una macchina fotografica, forse quella Kodak prodotta per un pubblico giovanile che sentiva nell’aria il vento della “velocità”.

il fotografo misterioso” dell’album “rosso” possiede una visione dell’inquadratura e presta un’attenzione alla luce che fa diventare una semplice scena di vita militare o una partita a tennis fra due ragazze, momenti unici colmi di solitudine, complicità, voglia di vivere di una gioventù che tra qualche anno dovrà affrontare la dura prova della Prima Guerra Mondiale.
Album Rosso, scena di vita militare, anno e località imprecisate

 Parigi 1906, partita a tennis


Parigi 1906, due scene di interno borghese

Nelle fotografie dell’album “rosso” c’è un altro protagonista dei tempi moderni che l’Europa sta vivendo all’inizio del secolo, l’automobile. L’autore, appassionato di automobilismo e forse anche lui pilota, ritrae alcune gare e fissa con lo scatto momenti che ci restituiscono una delle mitologie culturali di quell’epoca: l’azzeramento del tempo e dello spazio attraverso il carro di fuoco. La velocità della corsa automobilistica è unita alla visione dei progressi tecnici che consentono alle automobili da corsa di superare ostacoli costituiti da strade polverose ed inadatte,  di riparare in pochi minuti i guasti meccanici per riprendere la gara.
Album Rosso, corsa automobilistica, Ballon d’Alsace, 26 luglio 1908

L’album si apre con una serie di fotografie eseguite in montagna nel corso di alcune escursioni invernali, il fotografo riprende le diverse fasi dell’ascensione e si sofferma a fissare il paesaggio del Colle della Grande Casse, nei pressi di Pralognan.
C’è in queste visioni di montagna un aspetto comune a tutti coloro che a quel tempo andavano sulle vette e che ancora oggi ci vanno, quello della grande fascinazione di spazi aperti e inesplorati. Insieme a questo, il nostro fotografo misterioso colloca i protagonisti delle ascensioni all’interno di un paesaggio che è la misura della piccolezza umana dinnanzi alla vastità e la forza della natura.
            Album Rosso, la Grande Casse, luglio 1902

Si stavano creando in quell’epoca i presupposti di una fotografia naturalistica e di paesaggio montano che avrebbe visto, solo pochi anni dopo, l’affermarsi negli Stati Uniti d’America e in particolare nei grandi parchi e canyons della California, di uno stile  fotografico che con personaggi come Ansel Adams ed Edward Weston avrebbe fornito  esempi tutt’oggi validi e forse non ancora superati.

martedì 22 febbraio 2011

Fotografia & Società Sesta parte

26-1845-1850-Ritratto di donna con la bocca aperta-Anonimo-Dagherrotipo

Il dagherrotipo rappresenta la prima forma in cui si riproduce il volto e l'atteggiamento di una persona attraverso l'apparato ottico-meccanico. La lunghezza della posa, la lastra d'argento resa simile ad uno specchio e il processo di sviluppo consentivano di ottenere un'immagine estremamente definita dei particolari. In questo ritratto di donna si nota però qualcosa di differente dalla fissità del volto, tipica del dagherrotipo. Il soggetto, forse stanco per la lunga posa, ha aperto la bocca e nella smorfia rivela qualcosa di stonato e duro, complessivamente sgradevole. La signora è rimasta con la bocca aperta e questo fatto rende la riproduzione di questa figura umana più vera di quella che si otterrà poco in futuro, attraverso tempi di posa più rapidi. Una maggiore rapidità della posa permette al soggetto fotografato di tenere maggiormente sotto controllo l'emozione provocata dall'essere posto davanti all'obbiettivo della fotocamera. Se la fotografia, è stato scritto, dilata all'infinito la centralità dell'individuo nella sfera della rappresentazione, essa dovrebbe rivelare anche in modo più scientifico, il carattere della persona. Si sta sollevando il sipario su un altro uso della fotografia che nell'epoca attraversata da una grande fiducia nel progresso e nella scienza, assumerà anche aspetti inquietanti: le caratteristiche del volto, ripreso in primo piano, saranno catalogate in base a principi antropologici e fisiognomici che assegneranno a ciascuno un ruolo preciso in una società basata ancora su rigide discriminazioni di classe.

27-Inizi del XX° secolo-bambino morto-Anonimo-Bromuro d'argento

Tratta da un album di famiglia in cui su ogni fotografia è indicato il nome della persona, questa fotografia eseguita prima della sepoltura di un bambino, non reca alcun nome o indicazione dello studio fotografico. Insieme al ricordo del volto, la fotografia permette ormai di conservare l'espressione del viso quando la vita non c'è più. Di questo bambino, certamente vissuto pochi mesi, resta forse un'unica immagine: quella in cui la vita si è spenta. Si potrà conservare in questo modo il solo e unico ricordo del passaggio sulla terra di una persona prematuramente scomparsa e non ci sono altre immagini eseguite in precedenza. E' come se l'intera vita di questo bambino fosse racchiusa in un unico simulacro, quello della morte che attraverso la fotografia viene in qualche modo negata, consentendo ai genitori di conservare il ricordo di un essere che crescendo avrebbe assunto una sua fisionomia, un suo corpo, un suo carattere. La famiglia a cui doveva appartenere l'album doveva essere di origine contadina  e in un'epoca in cui la mortalità infantile era ancora assai elevata, la possibilità di eseguire il ritratto di un figlio scomparso solo dopo pochi mesi di vita, era un fatto nuovo che si caricava di significati inconsueti per chi aveva affidato da sempre solo al racconto orale, il ricordo dei defunti. Ora accanto alla fotografia del nonno, fotografato anche lui forse un'unica volta nella vita, c'era anche quella del nipote che per uno strano gioco del destino lasciava di se solo un'immagine.
28-1859-1865-Ritratto di giovane uomo-St. Montabone, Torino-Albumina


L'anonimo protagonista di questa carte de visite eseguita dallo studio torinese di Luigi Montabone, un pioniere della fotografia italiana e che come il suo collega Le Lieure, ritrasse molti esponenti della nobiltà piemontese e della casa reale sabauda, cerca di comunicare un atteggiamento di ardita determinazione. Gli occhi ben aperti guardano verso il futuro; i lunghi e virili baffi, forse un po' troppo rispetto all'esile viso, conferiscono al personaggio un tono guerriero che la grande cravatta a fiocco completa e arricchisce, dando al giovane le vesti quasi di un rivoluzionario. L'atteggiamento  con cui il soggetto si pone in questa fotografia potrebbe definirsi volontaristico e funzionale al clima risorgimentale che anima i ceti medio-alti della società italiana da cui provenivano i tanti giovani impegnati nelle battaglie risorgimentali. Forse questa fotografia potrebbe esser stata eseguita prima della partenza per la Seconda Guerra d'Indipendenza del 1859; un'immagine a futura memoria lasciata in dono alla fidanzata,  ai genitori, alla giovane sposa. Se morirò in battaglia, sembra dirci il personaggio, ricordatemi così. La fotografia ormai permette di studiare in pochi momenti l'atteggiamento determinato da un particolare stato d'animo, ed è  il soggetto stesso che può decidere. Questa caratteristica della fotografia, che la differenzia così nettamente dal ritratto tradizionale, diventerà oggetto di una ricerca che continua anche nel nostro tempo. Con l'avvento di nuove sensibilità e una tecnologia più avanzata, il media si libererà dalla subordinazione alla pittura e assumerà la forma di un'arte dotata di caratteristiche proprie, assolutamente diverse dalle altre in cui da sempre era stato lasciato ai posteri il ricordo della figura umana.






29-1907-19010-Circuito automobilistico di Dieppe, auto in corsa e incidente-Anonimo-Bromuro d'argento

Incollate nelle caselle di un campionario di tessuti e filati, una serie di fotografie ci permettono di ricostruire la vita di un'anonima famiglia francese (le didascalie contengono solo alcuni nomi) che visse nei dintorni di Dieppe all'inzio del XX° secolo. Un suo componente, forse anche lui possessore di un'automobile e partecipante alla gara (in una foto c'è un signore alla guida di un'automobile), riuscì a fotografare alcuni momenti di questa corsa entrata nella storia dell'automobilismo: la velocità della vettura fissata per sempre sulla lastra e un incidente che ha rovesciato un'altra automobile sul ciglio della strada. Con la fotografia il fatto viene documentato e rimane per sempre a testimonianza di avvenimenti più o meno importanti. In questo caso si tratta di una competizione praticata con il nuovissimo sport automobilistico, ma presto saranno la guerra, avvenimenti mondani o delittuosi, manifestazioni e incontri politici fondamentali nella storia  mondiale ad essere fotografati per restare come punti di riferimento della memoria collettiva. Sta nascendo un modo assolutamente diverso di apprendere le notizie: al posto del racconto orale o scritto su una pagina di giornale e accompagnato sempre più spesso da un disegno, la fotografia fa conoscere alla gente il fatto nudo e crudo. O almeno quello che s'intende diffondere di un determinato avvenimento. Anche la fotografia è manipolabile e già da tempo è accaduto che i fotografi abbiano fabbricato delle false verità, le fotografie scomode si possono distruggere o sottrarre allo sguardo di un pubblico che diventa un vero e proprio divoratore di immagini. Ma un balzo in avanti è stato compiuto e sarà difficile tornare indietro. Chi fotografò le due autovetture certamente non era un fotoreporter di professione, ma è da immagini come queste che nasce un nuovo mestiere, ed anche un'esigenza: far in modo che la fotografia non serva ancora una volta a mentire. E' una battaglia che continua.

                                                              


Il cerchio è un gioco ormai dimenticato, ma un tempo i bambini ci giocarono tanto e divenne il simbolo di un certo tipo d’infanzia: l’ula-hoop doveva ancora venire, ma è stato un’altra cosa. Il fotografo ha inquadrato la bambina in modo che il cerchio risulti come una doppia cornice  all’interno dell’immagine. Lei ci osserva con i suoi occhioni da un epoca lontana e pensiamo che  si sia molto divertita con il suo cerchio:  ruotare, correre, passarci dentro, entrare e uscire da una sorta di paese delle meraviglie. Sappiamo che l’infanzia, quando venne eseguita questa fotografia, era un’epoca pericolosa per i bambini; un cerchio potevano averlo tutti, in tanti si divertivano a farlo correre sui ciottoli di villaggi e città annerite dal fumo delle ciminiere. Era il tempo in cui i bambini entravano presto nelle fabbriche per apprendere il duro mestiere della vita. Chissà se il cerchio era un giocattolo della  bambina oppure uno dei tanti attrezzi da studio fotografico, adatti a far star fermi i bambini davanti all’obbiettivo? Anni dopo, la donna ormai cresciuta avrà osservato non tanto il suo volto di bambina, ma questo cerchio che le rammentava il tempo di quando la ruota corre e tu non riesci più ad afferrarla, sino al momento in cui la corsa disperata si trasforma in pianto o in una risata, la sua e di chi ti protegge tra  le lunghe gonne di madri, nonne e zie che non ci sono più.


 



Fotografia & Società Quinta Parte


21-1859-Riproduzione del ritratto di Girolamo Napoleone Buonaparte
tratto da una fotografia di Disderi e pubblicato sulla prima pagina della
rivista L'illustration, N° 832, del 5 febbraio 1869
La pubblicazione di fotografie riprodotte in gravures su giornali illustrati comincia ad essere  frequente. In Francia la rivista L'Illustration utilizza disegni e fotografie per commentare i suoi articoli che spesso raccontano avvenimenti molto lontani dall'Europa. Le fotografie giungono numerose, tanto che la rivista è obbligata a creare un apposito servizio per una valutazione di qualità, affidato ad un noto fotografo parigino, Numa Blanc. L'immagine del cugino di Napoleone Terzo, Girolamo Napoleone Buonaparte, viene pubblicata in occasione del suo matrimonio con la principessa Clotilde di Savoia, figlia di Vittorio Emanuele Secondo. E' un matrimonio che suggella l'alleanza tra la Francia e il Regno di Sardegna in previsione dell'imminente guerra contro l'Austria. L'Illustration da grande risalto all'avvenimento e il ritratto dello sposo è ricavato da una fotografia eseguita da Disderi, l'inventore della carte de visite. Allo scopo di valorizzare il personaggio, l'autore della gravure ha ingrandito la figura e lo sfondo con la colonna, un elemento di stile classico presente in molti studi fotografici del tempo e in particolare in quello di Disderi.

22-1860-1865-Staua di fauno danzante-E.Muvin (?)-Albumina

Questa fotografia, eseguita a Roma da un autore non facilmente identificabile e che forse lavorava per uno studio fotografico specializzato nella riproduzione di opere d'arte, ci conduce in Italia. L'Italia nella metà del XIX° secolo è un paese che sta vivendo il processo storico di unificazione nazionale; accanto alle vestigia di una grandezza assai lontana, convivono grande miseria e un sottosviluppo che rendono la penisola assai simile alle regioni dei Balcani o dell'Europa dell'est di quel tempo. Eppure in Italia ci sono Roma, Firenze, Napoli, Milano, Palermo e tante altre città che attirano i ricchi turisti e i giovani aristocratici desiderosi di darsi una formazione classica. I turisti vengono nelle città italiane e acquistano fotografie dei monumenti che visitano, le riportano a casa come documenti di una grandezza che ancora affascina gli europei. Per questo nascono in Italia case fotografiche che si specializzano nel fornire un'immagine poco veritiera del paese, l'Italia resta per gli europei che vengono a visitarla, il paese che racchiude i più importanti monumenti dell'antichità. Uno stereotipo che ancora non è morto del tutto.

23-1860-1861-Esterno Palazzo degli Uffizi-St. Alphonse Bernoud-Albumina

Dopo Roma, una delle città più visitate d'Italia è Firenze. Questa stereoscopia edita dallo Studio fotografico di Alphonse Bernoud, un francese che scelse l'Italia per svolgere la sua attività professionale, utilizza l'effetto di prospettiva per offrire una visione non comune di un palazzo famoso ed in cui si conservano i capolavori della pittura italiana. Indipendentemente dalla notorietà del luogo, l'immagine realizzata da Bernoud non è affatto tranquillizzante e, nonostante  le figure indistinte in fondo al viale, l'immagine nel suo complesso provoca un senso di vuoto che sarà una delle caratteristiche del paesaggio fotografico urbano del Novecento. I luoghi privi della presenza umana, dove all'improvviso potrebbe accadere qualcosa, provocano  smarrimento in cui si fondono le antiche paure per gli ambienti in cui la vita sembra essersi fermata improvvisamente e le nuove, originate dalle caratteristiche inquietanti che assumono le città nella seconda metà del XIX° secolo. Alphonse Bernoud è molto importante nella storia della fotografia in Italia, fu infatti il primo ad organizzare un'immagine complessiva del bel paese vendibile ai turisti. Complice l'impossibilità di fissare il movimento a causa delle lunghe pose di esposizione della lastra, in questa stereoscopia degli Uffizi viene contraddetta la neutralità che le fotografie dei monumenti italiani intendevano suggerire evocando gli antichi splendori.

24-1860-Carte de visite di un ufficiale italiano-St. Grillet-Albumina
Mentre nella penisola italiana si diffondo gli studi fotografici e la fotografia diventa, con qualche lentezza, uno dei modi in cui si forma l'immagine della nazione che sta uscendo dalle battaglie del Risorgimento, il passaggio degli eserciti e il movimento patriottico lasciano una traccia nella storia dell'immagine con numerose fotografie di italiani in divisa. Resta un importante documento storico, l'album che raccoglie le fotografie su carte de visite dei volontari garibaldini che parteciparono alla Spedizione dei Mille. Questo ritratto eseguito a Napoli presso lo Studio Grillet reca sul retro una dedica: "all'ottimo amico signor Piacentini Bondi, Dott. Zeffirino De Reggiani, 7° Lancieri di Milano". Lo Studio Grillet di Napoli è un altro caposaldo nella diffusione della fotografia in Italia. La parigina Jeanne Grillet eredita lo studio di suo padre, fotografo a Napoli già dagli anni cinquanta, e in concorrenza con i miniaturisti, diffonde la moda della fotografia su carte del visite tra le signore dell'alta nobiltà napoletana. A quel tempo era una cosa notevole il fatto che una donna esercitasse il mestiere di fotografo e la figura di Jeanne Grillet ricorda quella di Madame Disderi che dopo la separazione da suo marito, il più famoso Disderi, continuò la sua attività a Brest. Il passaggio dalla miniatura alla fotografia è poi un altro momento fondamentale nella storia dell'immagine: si estingueva definitivamente un'arte che consentiva solo a pochi privilegiati di conservare e donare il proprio ritratto. L'uso della fotografia, adottato dalle classi dominanti, si diffondeva con un moto verso il basso e conquistava le classi popolari, contribuendo all’avvento della società di massa.

25-1870-1880-Donna che chiede l'elmosina-St. Lorenzo Suscipj-Albumina
Un'altra immagine, per così dire speculare, dell'Italia è quella della miseria in cui versa gran parte della popolazione di una nazione ancora fragile e in cui sopravvivono, con un radicamento molto forte, usi e costumi regionali. In questa immagine formato carte de visite e realizzata dallo Studio del fotografo romano Lorenzo Suscipj, uno dei primi operanti nella città come daguerrotipista, si vende la miseria italiana ai turisti che vengono a visitare Roma e riportano nelle capitali d'Europa l'immagine forse più vera dell'Italia ottocentesca. In questa fotografia non vi è solo un atteggiamento dettato dalla povertà, ma anche è anche rappresentato il costume femminile tradizionale che le contadine indossavano quotidianamente. La donna con la mano tesa per chiedere l'elemosina è una delle rappresentazioni dell'Italia che si ritrova riprodotta, sotto forma di gravure, sulle riviste illustrate francesi e inglesi.