Dopo un lungo periodo di stasi torniamo nuovamente con
la pubblicazione di fotografie che riguardano argomenti specifici. Iniziamo con
un tema oggi molto attuale: il lavoro.
Nella storia della fotografia il tema del lavoro è
stato centrale.
Fotografare un uomo e una donna che lavorano,
significava assegnare alla persona un suo ruolo nella società e il lavoratore
veniva fotografato spesso insieme al suo strumento di lavoro.
Lo strumento di lavoro inserito nell’immagine era il
modo di conferire una qualità e un’identificazione del personaggio
rappresentato.
Molto importante era il luogo in cui la persona
lavorava, in questo senso le fotografie di persone al lavoro rivestono oggi
un’importanza non solo di carattere antropologico, ma anche un valore di
documento per la ricerca su antichi mestieri e luoghi che ci consentono di
ricostruire la storia economica di una data società in un certo periodo
dell’epoca moderna e contemporanea. La fotografia, sin dai suoi esordi, non
poté fare a meno di documentare la
condizione del lavoratore, un fatto che oggi ci permette di ricostruire epoche
in cui la durezza della fatica si accompagnava ad ambienti malsani e sprovvisti
di qualunque sicurezza.
L’anonimato delle persone fotografate che compaiono nei
tanti album o in archivi famigliari, si attutiva in virtù del fatto che
qualcuno era fotografato insieme ad un oggetto usato per lavorare: non
conosciamo il suo nome, ma possiamo intuire cosa faceva nella vita.
Il ritratto fotografico si distingueva così dalla
riproduzione del volto e della figura tramandata nel tempo sulla “carte de
visite”, da conservare per la memoria della famiglia o di un gruppo di persone.
Il ritratto singolo e di gruppo o il luogo in cui si
svolgeva il lavoro, era un modo per documentare e ricordare la collocazione
dell’individuo nella società del proprio tempo. In questo modo le fotografie
del lavoro acquisiscono un valore di documento di grande rilevanza per
ricostruire la storia delle società umane nell’epoca dello sviluppo tecnologico
e dell’espansione industriale.
Ciò che non appare nelle fotografie che presentiamo è
lo sfruttamento dell’uomo lavoratore; è stato scritto molte volte che la
fotografia è un documento ambiguo in cui si fondono insieme verità e
travestimento. Per comprendere un interno famigliare è necessario andare oltre
i volti della famiglia fotografata: osservare gli abiti, la collocazione dei
coniugi e il ruolo dei figli nella composizione dell’inquadratura.
Lo stesso approccio può essere utilizzato per il lavoro
fotografato, accompagnando una fotografia di lavoratori ad altri tipi di
documentazione: relazioni industriali, articoli giornalistici, la letteratura,
in particolare quella a sfondo sociale. Il lavoro fotografato non presenta
sempre le persone nella compostezza assunta all’interno dello studio
fotografico e dettata dalle esigenze dell’illuminazione e dell’inquadratura
decise dal fotografo. La fotografia del lavoro fotografato si sforza anche di
presentare un’immagine meno totalizzante dell’essere umano: il lavoro infatti è
un momento della vita che può essere ricordato con uno scatto dell’otturatore.
E’ con la fotografia del lavoro e dell’uomo lavoratore che si afferma
lentamente un nuovo modo di raccontare la vita.
Il lavoro femminile
Cameriere,
Studio Gershel, Nancy, 1895-1900
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Ricamatrici
e venditrici di cuscini, anonimo italiano, Valle d’Aosta, 1920-1930
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Ricamatrice,
anonimo francese, 1910-1920
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Sarte,
anonimo francese, 1900-1910
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