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La sala della vita e della morte. Elaborazione fotografica di Stefano Viaggio da due carte de visite e una fotografia al bromuro d'argento |
Al fotografo, a qualunque livello si dispieghi la sua
capacità, dall'artista al dilettante, spetta il compito di registrare la vita e
quindi lo scorrere del tempo che porta verso la fine naturale dell'individuo o
al mutare di un paesaggio. Per il professionista fotografare è un atto vitale e
più raramente si viene chiamati a fotografare una persona deceduta, a meno che
non si tratti di fotografie legate a inchieste giudiziarie. Nei primi anni
della storia della fotografia molte persone anziane vennero fotografate una
sola volta, ma lentamente la fotografia si affermò come il mezzo più semplice
ed economico per fissare momenti di vita di una singola persona. Sfogliando album che hanno conservato
l'impianto originale della famiglia di appartenenza senza subire mutilazioni o
sostituzioni, si possono riconoscere i membri della famiglia bambini, poi
giovani e infine adulti. Momento importante è il matrimonio, occasione in cui
si esegue una fotografia di gruppo (come del resto anche oggi) in cui è
possibile riconoscere nonni, zii, sorelle, fratelli degli sposi. Con l'avvento
della carte de visite la diffusione della fotografia subisce un processo di
accelerazione a livello mondiale. La carte de visite significa non solo lo
scambio di immagini spesso accompagnate da una dedica, ma anche la conservazione
di esse in appositi album e il loro utilizzo in caso di morte della persona
amata o amica.
Nella sala che apre il nostro museo, la vita occupa lo spazio
maggiore, ma ci sono anche brevi incursioni sul tema della morte o quantomeno
dell'inquietudine che può provocare la visione di una fotografia in cui il caso
ha voluto che nel fotogramma entrasse qualcosa che non doveva entrare. La vita
è consapevolezza della propria bellezza, una dedica per la persona amata, un
quieto pomeriggio d'estate trascorso sul balcone di casa, una vacanza al mare
in cui si è vinto un premio per il miglior castello di sabbia e innanzitutto un
bambino appena nato o che sta crescendo.
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Le fotografie sono comprese tra gli anni 1860 e 1940, alcune sono state eseguite presso studi fotografici altre sono anonime. Le pareti di questa sala immaginaria, sono muri di palazzi e cortili fotografati nella città di Aosta. |
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Il fotografo. Anonimo. Album di provenienza francese senza alcuna possibilità di identificazione. Anni 1920-1930. Stampa al bromuro d'argento.
Il fotografo di una fotografia, a meno che non si ritragga inquadrando se stesso e la fotocamera in uno specchio, non appare se non come ombra proiettata sul terreno dalla luce alle sue spalle. Il momento fotografato potrebbe essere un momento di vacanza in una casa in campagna, il gruppo di parenti o amici si raduna davanti alla porta della casa e qualcuno scatta una fotografia per ricordare una piacevole giornata in cui il lavoro e i problemi della vita quotidiana sono stati per un momento dimenticati.
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Carte de visite con dedica. Ritratto di un giovane. Studio Fotografico A. Dupuy, Nimes. Albumina, 1865-1870.
Il giovane dedica il suo ritratto al fotografo che lo ha eseguito, il quale successivamente lo inserisce nell'album in cui raccoglie fotografie del suo studio. Forse il giovane è un attore perché nell'album ci sono altre cartes, sempre di Dupuy di Nimes, con persone in costume. Certamente questo signore ha una forte considerazione di se: si definisce l'Apollo di Belvedere. E' un bel giovane, ma forse esagera e per il momento non ha paura del tempo che lo farà invecchiare.
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Fotografia anonima. Bromuro d'argento, anni 1930-1935.
Mare, vacanze e castelli di sabbia per un concorso sulla spiaggia. Le bambine di questa famiglia hanno vinto il primo premio e tutti sono felici in posa per l'amico o il parente che ha con se lo strumento per fissare questo momento. La bambina più piccola guarda verso i genitori e forse le sembra strano quest'attimo di vita in cui qualcuno dice "attenzione!". L'inquadratura involontariamente include anche parte di una bicicletta: è il simbolo della vita all'aria aperta in quegli anni in cui si avvicinava il dramma della guerra.
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Carte de visite di una giovane donna. Studio Cheri Rousseau & Fils, Marsiglia. Anni 1880-1890. Stampa all'albumina.
Come in altre cartes de visite la figura emerge da uno sfondo oscuro, è possibile che sia la rielaborazione da un'altra fotografia e lo sguardo della giovane donna non è rivolto verso l'obbiettivo del fotografo, ma verso qualcosa di indefinibile. Gli occhi appaiono stanchi e gonfi. Cosa ci fa dire che questa persona è morta? Una piccola crocetta, posta in basso sul retro della carte de visite. A volte il fotografo conserva una copia delle immagini che ha stampato e se la persona è deceduta pone un segno destinato a testimoniarne la morte. Questa fotografia è ciò che resta di una vita.
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Carte de visite con ritratto di un uomo sui trent'anni, senza indicazione dello studio fotografico.
Sul retro la seguente dedica: a mon cher ami Micholer Jph Dulce pignus amoris Civitatensis die 4 aprilis anno domini 1869 Costanza.
Colei che firma si rivolge alla persona fotografata come ad un amico, ma aggiunge che il ritratto dell'uomo è un dolce pegno d'amore. Siamo nel 1869 nel porto di La Ciotat( Civitatensis vuol dire fiero di essere cittadino di La Ciotat): è il luogo in cui i fratelli Lumiere filmeranno l'arrivo del treno. Nasce il cinema. Quanta vita racchiude questa fotografia con questa dedica in latino sul retro e in cui è ritratto il volto di un uomo dall'atteggiamento molto serio, forse un ufficiale della marina francese. La carte è in un album che contiene diverse fotografie di ufficiali di marina all'epoca dell'espansione coloniale e in quegli anni i viaggi per mare duravano mesi e anche anni. La grafia minuta e precisa della dedica, la firma elegante di Costanza indicano che doveva trattarsi di persone poste a un certo livello sociale e culturale. Scrivere in latino non era alla portata di tutti e una frase del genere sul retro di una carte de visite andava al di là di un normale gesto di amicizia. Quanto amore racchiude questa fotografia? Ci piacerebbe osservare il volto di Costanza, ma nell'album se c'è una sua fotografia è priva del nome o di una dedica.
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L'ascensore. Anonimo. Stampa al bromuro d'argento, anni 1930-1940.
Questa immagine proviene dallo stesso album dal quale abbiamo tratto quella che apre questa stanza e dedicata all'ombra del fotografo. E' una fotografia che sarebbe piaciuta ai surrealisti: il gruppo di funzionari o uomini d'affari sta uscendo da una riunione, il fotografo coglie il momento preciso in cui sale l'ascensore e fissa il personaggio all'interno della cabina. E' solo un'ombra inquietante che appare dietro la griglia e per questi signori soddisfatti e seri, è come un avvertimento. E' la morte con occhiali e cappello? E' una prossima crisi finanziaria o economica? E' la cattiva coscienza per affari non del tutto leciti? E' la catastrofe della guerra che si avvicina? E' l'ebreo prossimo alla deportazione che augura un sinistro "buona fortuna", come nel bellissimo film di Losey "Mr klein"? Chi vuole può scegliere. Il contrasto tra i quattro signori e l'ombra che appare inquietante è il frutto del caso, della luce e del mistero fotografico.
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Ritratto di ragazza sconosciuta, Studio Blanc, Parigi, anni 1890-1900.
Questa giovane donna è il ritratto della gioventù: di lei non sappiamo se visse a lungo, se morì giovane, se ebbe dei figli, se fu felice o triste. Lei guarda verso un punto immaginario e segue le indicazioni del fotografo, ma nello sguardo e nella tensione del volto c'è la volontà di andare avanti e vivere.
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Carte de visite con due sorelline. Studio Fotografico A. Dupuy, Nimes. Albumina. Anni 1865-1870.
Con la fotografia la media borghesia riesce a conservare il ritratto dei propri figli mentre crescono. Le due bambine ritratte da quel Dupuy a cui il giovane che si autodefinisce l'Apollo di Belvedere ha fatto dono della sua fotografia, sono l'immagine della compostezza e di un'educazione che osserva principi morali che dovrebbero durare per sempre. Non sarà così. Citazione e omaggio alla fotografia è l'album posato sul piccolo tavolo che è servito come base d'appoggio per le due fanciulle di cui si mostrano le lunghe mutande orlate di pizzo.
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Pomeriggio sul balcone in una giornata di sole dopo il pranzo. Stampa all'albumina. Anni 1880-1890. Anonimo.
L'immagine evoca la tranquillità di un pomeriggio estivo e anche questa è vita che scorre tra una fumata di pia e una tazzina di caffè; il cane è tranquillo ai piedi del padrone e anche di lui resterà l'immagine, forse il suo nome verrà ricordato. Chissà a cosa pensa la signora che gira il caffè nella tazzina?
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Una nuova vita mostrata al fotografo. Anonimo. Anni 1900-1910.
Nell'album questa era una piccola immagine ritagliata ed inserita nel cotesto di altre fotografie che raccontavano le vacanze al mare. Questo bambino di pochi mesi viene fotografato e crescendo lo sarà molte altre volte; vivrà nel Novecento, il secolo dominato dalla fotografia e da tante altre cose belle e brutte, anzi molto brutte. La fotografia gli permetterà però di osservarsi quando era appena in fasce tra le braccia di sua madre, poi un po' più grande, poi adulto e infine da persona anziana, se ci arriverà. Una vita, insomma.
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